Da nord a sud del Paese le verdure di stagione marciscono nei campi allagati dove è impossibile la raccolta di cavoli, finocchi, broccoli e patate nei terreni invasi dalle acque, mentre in montagna è allarme valanghe, con aziende agricole ed allevamenti e animali ancora isolati dalla neve che è caduta senza sosta. È l’allarme lanciato da Coldiretti sugli effetti dell’ondata di maltempo con la nuova allerta arancione su Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Campania, e Sicilia e gialla su Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Sardegna e Puglia.
“Nelle campagne il maltempo – sottolinea la Coldiretti – ha colpito a macchia di leopardo dal Nord est, dove in Trentino ed in Veneto è ancora allarme per la neve, alla Lombardia dove c’è il rischio concreto di asfissia per i terreni seminati a frumento ed orzo, mentre in Campania i campi coltivati ad ortaggi del Casertano sono ancora sott’acqua, come in Sardegna dove i prodotti rischiano di marcire perché non è possibile iniziare la raccolta”.
Complessivamente, secondo il primo bilancio della Coldiretti, ammonta a decine di milioni di euro il conto dei danni alle campagne con aziende agricole finite sott’acqua, macchine e trattori infangati, raccolti perduti in migliaia di ettari di coltivazioni allagate, dal grano ai foraggi per gli animali, dai fiori agli ortaggi, dai vigneti ai frutteti, con alberi abbattuti dal vento, mentre neve, frane e smottamenti rendono ancora difficile la circolazione soprattutto nelle aree rurali.
“Siamo di fronte – sottolinea la Coldiretti – agli effetti del mix micidiale con i cambiamenti climatici ed il moltiplicarsi di eventi estremi che si abbattono su un territorio reso più fragile dall’abbandono forzato e dalla cementificazione che nelle campagne nell’ultimo decennio ha provocato danni per oltre 14 miliardi di euro, tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne con allagamenti, frane e smottamenti. A questa situazione – conclude la Coldiretti – non è certamente estraneo il fatto che il territorio è stato reso più fragile dalla cementificazione e dall’abbandono che negli ultimi 25 anni ha fatto sparire oltre ¼ della terra coltivata (-28%)”.