Lo stop alle esportazioni di fertilizzanti da parte di Russia e Ucraina fu una delle prime conseguenze dello scoppio del conflitto: una decisione che di fatto innescò una crisi nei prezzi che contribuì a scuotere un settore che già versava in condizioni di crisi. L’agricoltura, però, non si può fermare, e se è vero che la necessità rende l’uomo ingegnoso, allora ecco una potenziale soluzione: impiegare gli scarti di pesce, molluschi e crostacei per concimare i campi.
Si stima che ogni anno, nel solo bacino del Mediterraneo, vengano prodotti circa 27 milioni di tonnellate di scarti che però, se lasciati decomporre nel suolo, rilasciano sostanze benefiche e nutrienti come ammoniaca, acido solfidrico, fosforo, iodio e manganese. Una trovata che strizza l’occhio all’ambiente e allo stesso tempo mette una pezza sul fabbisogno italiano di fertilizzanti: basti pensare, a tal proposito, che nel corso del 2021 lo Stivale ha importato 65 milioni di euro di fertilizzanti dalla Russia, Paese che soddisfa il 13% del mercato mondiale, 20 milioni dalla Bielorussia e 55 milioni dall’Ucraina (dati di The Circle). La collaborazione pesca-agricoltura, inoltre, potrebbe beneficiare da una legge europea che impone ai pescatori di portare a terra (anziché rigettare in mare) le catture troppo piccole per essere commercializzate. Catture che, di fatto, potrebbero essere impiegate per trarne mangimi, cosmetici, farmaci e additivi alimentari.
“L’importante è garantire uno sbocco commerciale a questi pesciolini che non possono essere destinati a consumo umano alimentando una filiera green oggi sempre più importante” ha commentato a tal proposito Fedagripesca-Confcooperative.