Se il 2020 è stato un anno in cui l’agricoltura italiana è stata chiamata a dare prova di grande resilienza per sopportare l’imperversare della pandemia, il 2021 si era avviato con una timida ripresa. Una ripresa che però, nei primi mesi dell’anno successivo, è stata di fatto troncata dallo scoppio della guerra in Ucraina.
Secondo il rapporto Istat Crea-Economia e legislazione agricola anno 2021, infatti, il conflitto tuttora in corso “ha annullato ogni possibile previsione di recupero” grazie a un progressivo ma severo incremento dei prezzi (passati di fatto dallo 0,7% al 6,7%) e al repentino innalzamento dei costi dei consumi intermedi (che sono passati dal -1% del 2020 fino a un +8,5% nel 2021). Impossibile non citare, poi, i rincari alle materie prime energetiche e le difficoltà alla catena di approvvigionamento delle imprese, a cui sono da sommarsi ancora le strozzatura all’offerta, che potrebbero portare ulteriori conseguenze a lungo termine sulla salute del settore; che negli ultimi tempi ha già beneficiato di numerosi fondi di sostegno (con molti Paesi Europei che, di fatto, ne hanno richiesto di eccezionali).
Inoltre, se nel corso del 2021 il resto dell’economia nazionale ha potuto godere di una ripresa organica, l’agricoltura non ne ha beneficiato a causa dei fattori climatici avversi, dal maltempo alla siccità. I volumi produttivi sono diminuiti dello 0,4%; mentre il valore aggiunto dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco, ha segnato una crescita in volume del 6% e una diminuzione del 2,6% a prezzi correnti: uno stimolo al recupero che ha favorito l’ecosistema del comparto agroalimentare con un aumento del valore aggiunto dell’1% a prezzi correnti e del 2,4% in volume.