Vero, l’agricoltura si trova a dover affrontare una crisi tutt’altro che semplice, determinata dal duplice problema della siccità e della speculazione – ma sforziamoci di guardare il bicchiere mezzo pieno: il settore, infatti, è stato in grado di dimostrare un buon livello di resilienza all’imperversare della pandemia da Covid-19, tanto che solamente il 17,8% delle aziende (equivalenti a meno di una su cinque) ha dichiarato di aver subito particolari conseguenze legate all’emergenza sanitaria. È quanto emerso dalle Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, intervenuto recentemente in occasione della presentazione del settimo Censimento dell’Agricoltura.
Censimento che, di fatto, offre un’istantanea accurata del settore in questione, mettendo così a disposizione degli stakeholder informazioni essenziali per determinare le politiche e le scelte del futuro. Abbiamo già discusso, nel contesto del rapporto in questione, di come l’agricoltura italiana abbia però subito un drastico ridimensionamento per quanto riguarda il numero complessivo delle aziende: in 38 anni ne sono scomparse due su tre, anche se è corretto segnalare che la loro dimensione media è più che raddoppiata. Importante notare, inoltre, che il settore rimane caratterizzato da una netta impronta famigliare – tanto che nel 2020 il 98% delle aziende agricole del territorio nazionale impiegava almeno una percentuale di manodopera famigliare.
Rimane ancora molto lavoro da fare, invece, per quanto riguarda la digitalizzazione; anche se di fatto la quota di imprese che hanno adottato questo tipo di tecnologie si è quasi quadruplicata nell’ultimo decennio. “Come prevedibile, sono le imprese più grandi e quelle dirette da giovani a mostrare una maggiore propensione per queste soluzioni” ha commentato a tal proposito Gian Carlo Blangiardo. “Infatti, laddove la leadership è esercitata da persone fino a 44 anni il tasso di digitalizzazione arriva al 32,2%; dove invece i dirigenti hanno più di 65 si ferma al 7,6%”.