Fare da mangiare costa sempre di più – e non ci riferiamo necessariamente al cucinare. Stando al più recente rapporto redatto da Ismea, infatti, i costi di produzione in agricoltura si sono impennati del 18,4% nei primi tre mesi dell’anno in corso – un rincaro tanto più grave quando si considera che hanno chiuso il 2021 con un incremento del 6%. Non che per i “colleghi” allevatori e il settore della zootecnia la situazione sia migliore: in questo contesto l’aumento dei costi produttivi nello stesso lasso temporale è del 16,6%.
Nello specifico, nell’aggregato delle colture vegetali, colpito in particolar modo dal gonfiarsi dei prodotti energetici, fertilizzanti e sementi, si registra un +20,4% su base annua nell’ambito dei costi sostenuti dagli agricoltori (di nuovo, costruito sulle spalle di un +55% nel 2021) – anche se occorre sottolineare come di fatto i rincari a energia (+50,6%) e fertilizzanti (+36,2%) abbiano in realtà investito tutti i settori, con risultati però più accentuati nel caso delle coltivazioni industriali, dei semi oleosi e delle colture cerealicole. Volgendo lo sguardo verso la zootecnia, invece, gli esborsi degli allevatori sono aumentati del 16,6% su base annua (+6,4% nel 2021) grazie soprattutto ai rincari ai prezzi degli animali da allevamento (+9,8%) e dei mangimi (+21%) oltre degli onnipresenti prodotti energetici. Importante notare, in questo contesto, che la dinamica dei prezzi di vendita non è stata in grado di assorbire i costi crescenti, esponendo gli stessi allevatori all’erosione dei margini.
Le previsioni sul futuro, infine, non sono affatto rosee: Ismea, prendendo in esame un campione di 795 aziende del settore primario e 586 imprese di prima e seconda trasformazione alimentare, segnala un brusco calo della fiducia deli operatori, con le imprese agricole che si fanno portavoce del pessimismo più marcato.