Cinque condanne, due assoluzioni: questi i numeri del primo processo per caporalato in agricoltura nella provincia di Cuneo. Il tutto ha avuto origine da una serie di indagini condotte dalla Digos nelle aree limitrofe al comune di Saluzzo nell’estate 2018, che hanno portato all’individuazione di un uomo di 34 anni che di fatto fungeva da tramite tra i lavoratori sfruttate e alcune aziende agricole.
La singola “soffiata” di uno stagionale ha portato a lunghi mesi costellati da intercettazioni, appostamenti in incognito e controlli in azienda o altri locali. Nel particolare, in casa di Moumouni Tassembedo – il 34enne di cui sopra, soprannominato Momo – erano stati ritrovati diversi contratti di lavoro e bigliettini con i nominativi di braccianti, mentre sul suo cellulare sono state trovate chat con informazioni su chi reclutare. Momo lavorava prevalentemente con due famiglie di imprenditori agricoli, i Gastaldi e i Depetris: nella collaborazione con i primi era lui stesso a decidere le paghe, che si aggiravano sui 5/5,50€ (con tanto di eventuali trattenute), e si occupava anche di alloggiare i lavoratori.
Si trattava di fatto di una sopraffazione subdola, che non puntava sull’intimidazione fisica o su minacce, ma facendo leva sulla paura degli immigrati di perdere il lavoro o il permesso di soggiorno. Il giudice Alice Di Maio ha infine condannato Momo, il suo ex datore di lavoro Diego Gastaldi e alla madre Marilena Bongiasca a cinque anni di carcere, mentre Andrea Depetris e la moglie Monica Coalova a tre anni. Dei 19 braccianti contestati dalla Procura, due si sono costituiti a parte civile: nei loro confronti il giudice ha disposto un risarcimento con provvisionale quantificata rispettivamente in 50 e 15 mila euro.