Stazione Spaziale Internazionale, giugno 2023: la NASA conferma lo sviluppo di sistemi di supporto vitale in grado di rigenerare o riciclare materiali di consumo come l’acqua, l’aria e il cibo. Lo scopo è soddisfare i bisogni dei membri dell’equipaggio senza missioni di rifornimento da terra. Che significa esattamente? Che le missioni nello spazio saranno autonome e riciclate quasi totalmente, partendo proprio da ciò che i membri stessi dell’equipaggio consumano: ciò grazie al sistema ECLSS, che include un sistema di recupero dell’acqua (urina o sudore che sia).
Idealmente, i sistemi di supporto vitale devono recuperare quasi il 98% dell’acqua che gli equipaggi portano con sé all’inizio di un lungo viaggio e L’Environmental Control and Life Support System (ECLSS, appunto) ha recentemente dimostrato di poter raggiungere questo importante obiettivo. Ogni membro dell’equipaggio ha bisogno di circa un litro di acqua al giorno per il consumo, la preparazione del cibo e l’igiene come lavarsi i denti: un quantitativo rilevante, ora autoprodotto.
Si recuperano respiro, sudore e urine
L’ECLSS è una combinazione di hardware che raccoglie le acque reflue – ovvero acque la cui purezza è stata compromessa – e agisce anche tramite due sistemi in particolare:
- Il Water Processor Assembly (WPA) produce acqua potabile sfruttando deumidificatori avanzati che assorbono e riciclano l’umidità rilasciata nell’aria della cabina, dal respiro e dal sudore dell’equipaggio.
- L’Urine Processor Assembly (UPA) recupera invece l’urina mediante distillazione sottovuoto
In sostanza, la distillazione produce acqua e una salamoia di urina che contiene ancora dell’acqua recuperabile: un Brine Processor Assembly (BPA) sviluppato per estrarre queste acque reflue rimanenti è stato posizionato sulla stazione spaziale in condizioni di microgravità. Il suo contributi ha permesso di raggiungere l’obiettivo di recupero dell’acqua del 98% contro il 93% di recupera senza l’aiuto del BPA. Christopher Brown, parte del team del Johnson Space Center che gestisce il sistema di supporto vitale della stazione spaziale, fa un esempio pratico: “supponiamo che tu raccolga 100 libbre di acqua alla stazione. Ne rilasci due libbre e l’altro 98% continua a circolare. Mantenerlo in funzione è un risultato davvero fantastico”.
Acqua migliore di quella terrestre
Il BPA prende la salamoia prodotta dall’UPA e la fa passare attraverso una speciale tecnologia a membrana, quindi soffia aria calda e secca sulla salamoia per far evaporare l’acqua. Questo processo produce aria umida che, proprio come il respiro e il sudore dell’equipaggio, è accumulata dai sistemi di raccolta dell’acqua della stazione. Ottenuto ciò, un reattore catalitico che scompone eventuali tracce di contaminanti rimaste.
Infine, tutti i sensori controllano la purezza dell’acqua: l’acqua ancora compromessa è ritrattata. Il sistema, inoltre, aggiunge anche iodio all’acqua utile per prevenire la crescita microbica, rendendola pronta per l’uso da parte dell’equipaggio. Si chiarisce quindi che l’equipaggio non beve urina bensì acqua potabile che è stata recuperata, filtrata e pulita in modo tale da essere più pulita di quella che beviamo qui sulla Terra. I sistemi in ECLSS sono stati accuratamente testati, non solo per garantire che funzionino come previsto, ma anche per dimostrare che ciascuno di essi è affidabile e può funzionare a lungo termine senza molta manutenzione o pezzi di ricambio.
Economia sulle risorse
Meno acqua e ossigeno è necessario imbarcare a ogni missione per ciascun membro dell’equipaggio, e più scienza può essere aggiunta al veicolo di lancio. Inoltre, sono stati studiati e installati sistemi rigenerativi affidabili e robusti: l’equipaggio non deve preoccuparsi di tale nuova tecnologia di recupero e può così concentrarsi sul vero intento della propria missione.
Fonte: Nasa