Si spera che non capiti più. Che oggi non sia come l’altro giorno, quando la stazione Termini si è bloccata mandando in tilt il trasporto ferroviario di mezza Italia. Se non si fosse costretti a sdrammatizzare, dato che con Trenitalia non c’è altro da fare, ci si mangerebbe il fegato.
Mangiare? Chi ha detto mangiare?
Da qualche giorno sui Frecciarossa è tornata la pasta asciutta, cotta a bordo del treno e servita calda nel piatto. In particolare penne lisce Barilla con sugo di pomodoro e basilico, servite a chi viaggia nelle ore di pranzo e cena su circa metà, per ora, dei treni ad alta velocità (quelli che già disponevano di carrozza ristorante con annessa cucinetta).
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Trenitalia aveva abbandonato la cucina espressa nel 2008, se per cucina espressa intendiamo servizio sgarbato, pasta collosa e arrosti sudati, per passare a un servizio più veloce, fatto di snack e panini.
La pasta scolata e spadellata in corsa, cioè –come ripetono con malcelato orgoglio i ferrovieri– a 300 chilometri orari, fa parte del “Menu Frecciarossa”, che comprende anche 3 formaggi a rotazione (per iniziare pecorino toscano, caciotta di pecora e Raschera), macedonia di frutta fresca, acqua, caffè e costa 20 euro.
La novità è stata accolta con abbondante spargimento di “made in Italy” e “buon gusto italiano” da parte dei quotidiani nazionali. Così noialtri, assidui frequentatori di treni che al disperato richiamo della fame, dovevamo fino a ieri rispondere con un miserabile tramezzino preconfezionato, ci siamo entusiasmati per la saporita rentrée.
Disposti anche a slogarci la caviglia transitando di carrozza in carrozza pur di provare in quella ristorante lo strombazzato “Menu Frecciarossa”.
E badate bene, senza troppe aspettative, essendo sopravvissuti nella quasi decennale vita da pendolare a cornetti di gomma, caffè bruciati, panini malinconici, dolci tipici di varie regioni d’Italia tanto invecchiati da poter competere con i resti alimentari di Pompei.
La facciamo breve: è andata male. Pasta molto cotta. Salsa di pomodoro insapore. Formaggi sofferenti bittati come capita sui piatti.
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C’era venuta voglia di protestare, per l’inefficienza del servizio che comporta molta attesa e anche per il prezzo, perché non si possono spendere 20 euro per ciò che viene definito “menu” e scendere dal treno con i morsi della fame.
Vuol dire che gli infaticabili frequentatori di treni come noi resteranno impigliati nel solito buco nero che alla pasta asciutta fa preferire un più dignitoso digiuno?
Il “Menu Frecciarossa” è ancora giovane, non può che migliorare.
[Crediti | Ansa]