È un salsicciotto di venti metri, sì, ma è anche e soprattutto una installazione artistica che punta a “esaminare il consumo, il capitalismo, il classismo e la cultura contemporanea”, denunciando allo stesso tempo il “patriarcato insito del consumo di carne”. E badate bene, la metafora è ancora più evidente di quanto possiate immaginare a primo acchito: ogni giorno a mezzogiorno il nostro hot dog di venti metri si solleva da terra, si inclina verso il cielo e si trasforma in una specie di cannone spara-coriandoli. Il tutto, è giusto notarlo, nella trafficatissima Times Square.
Hot Dog in the City – questo il nome dell’installazione: più che eloquente, proprio come l’erezione coriandolosa – rimarrà tra i cartelloni pubblicitari e la frenesia di Times Square fino al 13 di giugno. L’opera, installata dagli artisti a stelle e strisce Jen Catron e Paul Outlaw, vuole anche e soprattutto veicolare una denuncia tripartita: fare riflettere sulla invadente mascolinità e alla messa mostra “spesso associati alla cultura e al patriottismo americano” e, allo stesso tempo, denunciare il consumo eccessivo di carne.
L’hot dog simbolo maschilista: la reazione dei locali
Vale poi la pena notare che, oltre all’erezione giornaliera, Hot Dog in the City si fa anche e soprattutto epicentro di un più o meno ampio ventaglio di eventi collaterali – da una serie di dibattiti sui migliori condimenti a un hot dog eating contest (il che, converrete, stride un poco con l’idea di denunciare il consumismo e via dicendo).
Johnny Oleksinski, giornalista che scrive per il New York Post, è dell’idea che l’effettivo messaggio dell’installazione sarà ampiamente ignorato dalla stragrande maggioranza dei turisti e degli stessi newyorkesi. D’altro canto “gigante”, o più banalmente “grosso”, è la prima legge di Times Square, la regola fondamentale per essere notati prima ancora che visti: Hot Dog in the City, secondo questa lettura, è destinato a rimanere poco più che una simpatica aggiunta alle luci e alla frenesia della Grande Mela.
“Times Square, con il suo assalto di rumore, luce e odori indecifrabili, è un luogo terribile per la riflessione profonda”, scrive Oleksinski. Nel corso delle ultime ore, in ogni caso, l’hot dog di Times Square è diventato uno delle principali attrazioni, con interi sciami di turisti che si fermavano a scattare foto ricordo. Viene da chiedersi, naturalmente, quanti di questi l’abbiano effettivamente considerato come il severo atto d’accusa contro gli stessi eccessi americani che vorrebbe essere e non, com’è più probabile, come un vago omaggio alla cucina tedesca importata. O un’occasione come un’altra per pubblicare una storia su Instagram, è chiaro.