Quella del 2023 verrà verosimilmente ricordata come l’estate dei rincari e delle polemiche annesse – i più nostalgici ricorderanno l’originale toast diviso in quel di Como, mentre un caso più recente riguarda la denuncia di Cateno De Luca, sindaco di Taormina rimasto “vittima” di un ristorante veneziano. La verità è che l’indignazione, e la rabbia più in generale, è una sensazione piacevole e comoda e soprattutto seducente, che d’altronde sentirsi dalla “parte del giusto” piace proprio a tutti. Il tassello più recente non proviene dalla sala di un ristorante, ma dagli scaffali (o meglio dai reparti frigo) dei supermercati di Roma, accusati di avere aggiunto la cosiddetta “frigo tax“.
Roma e la “frigo tax”: venti centesimi in più per le bevande tenute in frigo
Il caso è stato portato all’attenzione mediatica in primis dal Corriere della Sera, che parla appunto di una “frigo tax” applicata da diversi supermercati di Roma alle bevande – acqua, birra, succhi di frutta e chi più ne ha più ne metta – facendo naturalmente aumentare il prezzo di queste ultime. Il Conad di via Archimede, in zona Parioli, avrebbe in particolare applicato un aumento fisso di venti centesimi, dovutamente nominato “aggiunta frigo”.
La spiegazione dovrebbe essere chiara a tutti – tenere il frigo al fresco ha un costo che viene così ammortizzato dal sovrapprezzo poi indicato in scontrino. Vien da sé che la stessa bottiglietta di acqua, se la vogliamo fredda, viene pagata di più – un patto non scritto, semmai, ma di certo non una novità.
Un commesso del supermercato incriminato, evidentemente interrogato sulla cosiddetta “frigo tax“, abbozza una spiegazione plausibile: “I costi dell’energia sono saliti, mica possiamo rimetterci”. Non mancano le citazioni di rito su inflazione e guerra in Ucraina, ormai santini irremovibili di ogni discussione sui rincari degna di questo nome, ma di fatto la logica è la stessa cui abbiamo accennato qualche riga più in su – i supermercati di Roma stanno difendendo la “frigo tax” come una necessità per tamponare i consumi energetici.
Insomma, le bevande nel frigo costano di più, e questo non ci sorprende affatto. Si potrebbe piuttosto indagare sulla quantità stessa del sovrapprezzo in questione, la “frigo tax” per l’appunto: senza fatture e bollette dei supermercati presi in esame, tuttavia, l’intera questione si risolve in un nulla di fatto, in un tentare di fomentare gli animi per parlare di un qualcosa di legittimo almeno nella sua natura: nelle quantità, come dicevamo, può essere discutibile.