Viene da sé, guardando il concerto di ieri sera dedicato a Lucio Dalla, di scrivere due righe su quello strano ometto delicato e potente. Ma qui siamo su Dissapore e pur sempre di cibo dobbiamo parlare. Noi poi non siamo poeti, lui sì. Non scrivo, ma ascolto e nei suoi testi trovo il vino, le lasagne, l’amore, l’odore del pane.
Da “L’anno che verrà”.
Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno, anche i muti potranno parlare mentre i sordi già lo fanno.
Da “Lunedì”.
Mamma ho fame, è finito il pane. Dentro al frigo cosa c’è? E la paghetta me la dai? Ma che domande, vado al mare. Se mi svegli tu alle 6, poi ritorno lunedì. Ma che buone le lasagne con il vino e poi il caffè. E come è bello stare qui. Quanta gente nuda al mare.
Da “Kamikaze”.
È già tardi, è l’alba lo so, anch’io apro gli occhi e ci sei, piano so che ti piace far piano. Annuso un poco il tuo odore, sai di pane. È domenica e ho fame, prendo il casco e parto sicuro. Io pilota e tu lassù, una stella la giusta rotta. Unico spazio libero, nel mio radar psichico verso di te io punterò, aspettami. Un kamikaze come me non torna indietro.
Da “Cara”.
Quanti capelli che hai, non si riesce a contare, sposta la bottiglia e lasciami guardare se di tanti capelli, ci si può fidare. Conosco un posto nel mio cuore dove tira sempre il vento, per i tuoi pochi anni e per i miei che sono cento non c’è niente da capire, basta sedersi ed ascoltare. Perché ho scritto una canzone per ogni pentimento e debbo stare attento a non cadere nel vino o finir dentro ai tuoi occhi, se mi vieni più vicino. La notte ha il suo profumo e puoi cascarci dentro, che non ti vede nessuno. Ma per uno come me, poveretto, che voleva prenderti per mano e cascare dentro un letto….. che pena…che nostalgia. Non guardarti negli occhi e dirti un’altra bugia Ah.. Almeno non ti avessi incontrato, io che qui sto morendo e tu che mangi il gelato.
Da “Piazza Grande”.
Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è, sulle panchine in Piazza Grande, ma quando ho fame di mercanti come me, qui non ce n’è. Dormo sull’erba e ho molti amici intorno a me, gli innamorati in Piazza Grande, dei loro guai dei loro amori tutto so, sbagliati e no.
Da “Com’è profondo il mare”.
Siamo noi, siamo in tanti, ci nascondiamo di notte per paura degli automobilisti, dei linotipisti.
Siamo i gatti neri, siamo i pessimisti, siamo i cattivi pensieri. E non abbiamo da mangiare. Com’è profondo il mare, com’è profondo il mare.
Babbo, che eri un gran cacciatore, di quaglie e di fagiani, caccia via queste mosche, che non mi fanno dormire, che mi fanno arrabbiare. Com’è profondo il mare, com’è profondo il mare
Da “4 marzo 1943”.
E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino.
Da “Notte americana”.
Rimani lì ferma per un po’ provami che sei vera… io rinasco questa sera. Butto giù il vino e so già che mi va storto, mi sveglio e a malapena mi sopporto. Ma è normale, a volte non mi accorgo, non sento, non vedo, non tremo da un po’ e dato che credo, prego i santi che ho.
Un piatto di tortellini in brodo e un brindisi a Lucio Dalla, che forse ci piglia per il culo e ride di noi, mentre siamo qui a fare i romantici, di notte, in piazza Grande.
[Crediti | Immagini: TgCom]