Mi hanno spiegato come accade che certi nomi per bambini diventino di moda per poi sparire. In sintesi, i nomi cominciano a diffondersi nell’alta borghesia e nel giro di qualche anno vengono adottati in massa dai membri delle classi basse, cosa che crea un boom a cui segue un periodo di oscurità (questo vale per gli Stati Uniti, direi, perché le figlie dei miei amici continuano risolutamente a chiamarsi tutte Giulia e Emma da almeno una decina d’anni).
Questa dinamica mi è tornata in mente quando ho scoperto l’esistenza del Preparato per Macaron Cameo, appena sbarcato sul mercato – così “appena” che nemmeno il sito ufficiale della Cameo contiene notizie in merito.
I macaron, ma ormai lo sapete tutti, sono dolcetti di origine francese composti da due cialde meringomorfe, tenute insieme da una ganache. Variamente colorati e aromatizzati, sono molto belli e possono essere molto buoni. Io ne sono una grande fautrice, in particolare amo quelli del sublime pasticciere Pierre Hermé, da mangiare a Parigi oppure da farvi spedire a casa per via aerea se vi va di investire una cifra proibitiva e se avete sprezzo del vostro impatto ambientale.
Da qualche tempo, i macaron stanno attraversando una fase di travolgente popolarità. Seppur popolari nel senso di famosi, parevano destinati a non diventare mai popolari nel senso di “diffusi presso il volgo” (vi piace questa espressione, sì? Ho ritenuto opportuno inserirla nel timore che trovaste il mio articolo poco snob) per via della difficoltà di esecuzione, che sembrava tutelare il loro carattere aristocratico.
Questo lo so perché anche io mi ci sono provata. Ho tenuto gli albumi in frigo due giorni, come da prassi. E ho comprato anche il tappetino di silicone, il solo giaciglio che i macaron gradiscano. Ciononostante, ho fallito clamorosamente e ho gettato tutto nella spazzatura cantando Édith Piaf con struggimento.
In ogni caso: malgrado l’iniziale, clamoroso successo della filiale di Ladurée aperta a Milano erano poche le pasticcerie che osavano proporli.
Poi, qualcosa ha cominciato a cambiare.
Un giorno sono tornata dai miei genitori, in quella Brianza profonda che abbraccia i trend gastronomici con anni di ritardo e in genere solo quelli deteriori (di all-you-can-eat cinogiapponesi si è riempita tutta la provinciale tra Lentate sul Seveso e Figino Serenza) e sono entrata dal panettiere di fianco alla stazione. Lì, proprio a fianco alle lingue di pizza del pendolare, c’erano dei macaron.
Bizzarro, ho pensato.
Poi un giorno sono incappata nell’inquietante figlio illegittimo del cupcake e del macaron – perdipiù di Hello Kitty.
Brutto segno, mi sono detta.
Infine, l’ultimo dei sette segni dell’Apocalisse: il preparato Cameo per macaron – così descritto nel resoconto che ne fa il blog Un assaggio del mio mondo:
“la busta conteneva il preparato per la crema al cioccolato di farcitura, al quale ho solo aggiunto 100 ml di latte e nell’altra busta c’era il preparato per le cialde a cui ho aggiunto due albumi d’uovo montati a neve con un cucchiaio di zucchero. Nella scatola c’era addirittura la carta da forno coi cerchi che indicavano dove porre il composto”.
I cerchi sulla carta da forno (I CERCHI SULLA CARTA DA FORNO!), novelli cerchi nel grano, sono l’ultimo presagio di cui avevo bisogno per segnare che la profezia si è compiuta: i macaron sono diventati così di massa da aver segnato la loro fine.
[Crediti | Link: Spigoloso, Google Image, immagine: Mangiare Bene]