Oggi voglio parlarvi di cosa ho appreso dalle trascinanti “lezioni di pasta” di Gennaro Esposito, tra gli chef italiani, uno dei più autorevoli nel campo (in Italia ne consumiamo circa 800 milioni di chili all’anno, con una spesa media per famiglia di 50/60 euro).
Con la sua celebre Torre del Saracino di Vico Equense, Esposito è il capofila della new wave di cucina campana, una miscela di inventiva, capacità tecnica e conoscenza della tradizione, ideale per dare rilievo alla qualità delle materie prime del suo territorio.
Oltre che innovatore della cucina della Costiera, Esposito è il motore della Festa di Vico, una kermesse del buon cibo dove ogni anno convergono i migliori chef del mondo e migliaia di gourmet, che hanno così l’occasione di assaggiare piatti ricercatissimi e crearsi un palato.
Ma torniamo alle lezioni di pasta. Anzitutto controllate sull’etichetta del pacco che si tratti di pasta di semola di grano duro trafilata a bronzo, essiccata con lentezza e a bassa temperatura (35/40°).
Il teflon, che dagli anni ’50 ha cominciato a soppiantare il bronzo, e l’alta temperatura rendono la pasta “morta”, la fanno scivolare lontano dal sugo. Essiccare a 80/85° permette di velocizzare i tempi moltiplicando la produzione, ma vetrifica gli amidi e crea un prodotto “banalizzato”, adatto solo a mantenere la cottura.
Inoltre, guardate il colore della pasta: quella essiccata a bassa temperatura ha un bel color semola, non è brunita dal calore. Tutto qui? No: la semola di qualità forma una rete di glutine che trattiene gli amidi, perciò è un brutto segno trovare l’acqua molto bianca e sporca di amido dopo la cottura.
Pasta rigata o pasta liscia? “La sensualità di una pasta liscia è inimitabile”, dice Gennaro. Inoltre, con la pasta rigata è impossibile avere una cottura uniforme, per via della struttura.
Sale? 10 grammi per litro d’acqua, ma per la pasta con le acciughe anche 5.
E la cottura? Prendete due vetrini e schiacciate uno spaghetto che vi pare pronto. Se rimane un’evidente anima bianca… be’, non è cotto. Solo la pasta di qualità supera la prova vetrino, ha cioè una consistenza al dente senza essere cruda.
Gennaro ci avvisa che dobbiamo allarmarci quando su una confezione leggiamo “cose di fantasia riportate per dare romanticismo al prodotto. ‘Pasta artigianale’ è uno slogan stupido e ipocrita perché oggi più nessuno tocca la pasta con le mani durante la fabbricazione”. A questo punto, non vi resta che andare alla Torre del Saracino e chieder conto a Gennaro delle sue lezioni. Per metterlo alla prova non c’è niente di meglio che buttarsi sulla sua famosa (e squisita) minestra di pasta mista con crostacei e pesci di scoglio. Che lezione!
[Crediti | Dalla rubrica “Cibo e Oltre” di Camilla Baresani su Sette, inserto del Corriere della Sera]