È incredibile come, ogni anno, puntuale come un treno svizzero, io venga assalita dal bisogno di una e una sola cosa: le mandorle caramellate. L’occasione è una fiera tradizionale, ma a me poco importa del concorso del “bue grasso” e tanto meno dell’esposizione di bovini; la mia attenzione va tutta al mercato collaterale che per due giorni riunisce tra gli altri i venditori del mio oggetto del desiderio.
Mi faccio largo tra i venditori di pentole e gli showmen degli attrezzi da cucina più inutili che sovrastano tutti con la voce amplificata dal microfono.
Le narici sono invase da una moltitudine di odori che stordisce: dal profumo di salsicce, che rosolano fin dalle prime luci dell’alba, si passa a quello nauseabondo delle frittelle, fritte e rifritte sempre nello stesso olio, e poi ancora a quello acre delle olive in salamoia.
Tutto ciò m’inebria, mi frastorna, ma non mi distoglie dallo scopo ultimo: procurarmi le mandorle caramellate, unica concessione junk, una sola volta l’anno, che una mamma integerrima dal punto di vista alimentare elargiva (gloria nei secoli alla mia mamma).
Il profumo di zucchero caramellato mi genera ancora oggi un turbinio di pensieri bambini, il tepore del cartoccio pieno di pepite scalda le mani in una brumosa mattinata autunnale, le dita diventano appiccicose, il mio dentista impallidisce e il tasso glicemico mi odia. Il ricordo delle indigestioni dovute allo svuotamento fulmineo dell’intero bottino non mi tange e guai a chi (ed emerge lo Smigol che è in me) mi chiede di condividere “il tessoro…ahaaa”. Senza indugiare alla vista di torroni, blocchi di cioccolato formato foratino o psichedeliche caramelle, mi dirigo decisa verso quella specie di betoniera incandescente che sforna a ciclo continuo mandorle caramellate e non solo, anche arachidi, nocciole, noci e ultimamente pecan, anacardi, macadamia e noci del brasile giganti.
Junkfood solo fino ad un certo punto perché i soli ingredienti sono semi oleosi e zucchero, in un rapporto di circa cinquanta e cinquanta. Almeno credo che il rapporto sia questo perché, quando ho chiesto conferma, il venditore mi ha detto,col tono criptico di chi non può svelare un misterioso arcano, che la formula è un segreto professionale. Mandorle. E zucchero. Segreto professionale. Mah!
Io: «Me ne dia un etto perfavore».
Venditore: «Ecco, fanno 3 euro, ma se vuole con 5 euro facciamo 2 etti».
Fiuto immediatamente l’affarone e: «Vada per 2 etti», che poi si concretizzano in un sacchettino nemmeno tanto grande che, in due, tempo di fare due vasche in piazza, si esaurisce.
Neanche faccio in tempo ad arrivare a casa che già sto pesando zucchero e mandorle in parti uguali, qualche cucchiaiata d’acqua e riproduco il moto della betoniera per mandorle caramellate in una pentola dai bordi alti usando un cucchiaio di legno. 10 minuti, spesa minima, e ottengo dei soddisfacenti cloni, sufficienti per passare la serata col mal di pancia. Se vi prude la voglia ecco un video tutorial esplicativo (se riuscite a capire la scelta musicale e perché sia stata usata una padella così piccola e un cucchiaio di acciaio sull’antiaderente, fatemelo sapere).
Con l’assoluzione di voi tutti patiti, foodie o gastrofanatici che non te ne fanno passare una, spero?
[Crediti | Link: YouTube, immagini: Rossella Bragagnolo]