Nutrirei il vostro appetito con soluzioni di fisiologica ipocrisia se dicessi che il pepe è un toccasana per la salute. Cosa che non impedisce alla polvere pungente di essere la spezia più presente nelle nostre dispense. La varietà sono numerose, alcune impropriamente definite pepe come quello rosa o di Szechuan (sono bacche di altre piante) o il pimento giamaicano più noto come “all-spices” all’inglese o pepe “garofanato” per noialtri italiani.
Nel suo modesto ruolo di complemento della cucina, il pepe riesce a togliersi diverse soddisfazioni con apporti tutt’altro che marginali, pensiamo a pasta cacio e pepe, filetto al pepe verde, salmone al pepe rosa e via elencando.
QUALE PEPE?
In un paradosso retorico la cui soluzione affidiamo volentieri a menti più evolute, da quando i nutrizionisti disapprovano platealmente gli eccessi di pepe, nei menu di molti ristoranti stellati è iniziata un’opera di valorizzazione che ha portato sulle nostre tavole pepi di ogni provenienza: pepe di Szechuan, pepe di Sarawak, pepe di Cubebe, pepe lungo, pepe di Penja, pepe del Senegale. Per non parlare dei negozi specializzati che, visto l’inaspettato interesse, a mettere un po’ di pepe nelle nostre vite ci hanno preso gusto.
Conoscere le differenze tra un tipo e l’altro significa regalarsi l’opportunità di aggiungere profumi e aromi alla nostra cucina, note sottili, pungenti, più o meno invadenti, rimandi di mandorla o limone che si adattano a diverse preparazioni sia salate che dolci.
NE BASTA UN PIZZICO.
Ad esempio: proviamo il pepe di Szechuan con il pesce o in piccola parte sulla pasta alla carbonara per renderla fragrante e profumata; il pepe rosa frantumato al mortaio può ricoprire piccole palline di formaggio caprino creando finger food simili a “Ferrero Rocher” salati e ottimi come aperitivo; con il pepe lungo vengono splendidi Pan di Spezie di tradizione francese abbinabili a una scaloppa di Foie Gras con mele caramellate; il pepe bianco Muntok, poco invadente, è un convivente ideale per verdure poco saporite come gli spinaci, al contrario del pepe nero Tellicherry; con il pepe verde essiccato (e non in salamoia) possiamo scodellare gelati alla panna per fantasiosi dessert di frutta, tipo uno spiedino di ananas caramellato nello zucchero di canna.
Quando si parla di spezie versatili come il pepe non dobbiamo aver paura di sperimentare provando accostamenti anche inediti, senza esagerare, per non cotraddire troppo i nutrizionisti e perché il dosaggio è importante, esagerando rischiamo di azzerare gli altri sapori.
UNA BACCA MAI SCONTATA.
Il pepe perde buona parte del suo aroma con l’ossidazione dovuta all’aria, va conservato in contenitori ermetici o preferibilmente sottovuoto e in grani pronti da macinare al momento con il mulinello; non lasciamoci tentare da quello già macinato solo perché l’odore sembra più intenso, è una sensazione volatile dovuta alla concentrazione dentro l’involucro, molto indebolita al momento dell’uso. In genere, questo accorgimento vale per la quasi totalità delle spezie che sarebbe bene acquistare grezze, come la noce moscata o la cannella per esempio.
Capisci che sei patologicamente fissato con il pepe quando ne parli a lungo e soprattutto da solo. Invece, facciamolo insieme. Esiste il vostro pepe preferito, uno che usate più spesso degli altri nelle vostre ricette? E tra quelli che abbiamo elencato se li avete provati, quale vi ha stupito per il suo contributo?
[Crediti | Immagine: Luxirare]