O meglio, sono l’unica a pensare che gli chef non siano delle rock star? Forse si, a giudicare dal fiume in piena di articoli sull’argomento che han fatto seguito al GoogaMooga, il festival che si è tenuto settimana scorsa a Brooklyn e che ha messo insieme musica, cibo, vino e birra. Qui un paio di link. Se una volta ai concerti potevi sperare di mangiare pizza fredda e birra calda, ora la gastronomia ruba l’attenzione alle performance musicali, o almeno così succede al GoogaMooga, al quale ha partecipato gente come Anthony Bourdain, lo chef Tom Colicchio, il birraio Garrett Oliver, il sommelier Paul Grieco e lo chef Eddie Huang, acclamati come vere e proprie rockstar.
Questo accade in America. Se da noi, la commistione musica/food si consuma su Rai 3 in seconda serata, quando Red Canzian, bassista dei Pooh, va da Fabio Volo a parlare del suo essere vegano, io mi convincerò che il cibo è il nuovo rock solo quando vedrò con i miei occhi Bruce Springsteen twittare consigli per la marmellata fatta in casa. Spero, mai.
Ma torniamo agli chef nostrani. Vi sembrano delle rock star? Parlo di quelli dei ristoranti stellatissimi, che incartano tinche con la foglia d’oro, cospargono i piatti con germogli e gocce di rugiada, presentano wafer di coscia di quaglia, cappuccini di seppie, ravioli liquidi e altri concettualismi. Gli chef “della Gastronomia (con la G maiuscola), delle tovaglie spesse e dell’uovo cotto a 40° per 40 minuti”, per voi sono “rock”?
Se lo chiedono anche quelli di Le Fooding, il gruppo di “provocatori” gastronomici francesi guidato da Alexandre Cammas che il 4 e 5 luglio torna a Milano con l’appuntamento dal titolo “Pelle all’arrabbiata” e che quest’anno sarà dedicato allo street food e agli street chef.
“Sono chef giovani che poggiano sulla cultura dello street food per creare una cucina eccellente, divertente, senza complessi verso la tradizione” scrivono gli organizzatori che hanno invitato cuochi come Eugenio Roncoroni e Beniamino Nespor (Al Mercato, Milano), Matteo Torretta (Al V Piano/ Visconti Street Food, Milano), Andreas Dahlberg (Bastards, Malmo) James Lowe e Isaac Mchale (The Young Turks, Londra).
“Un cast di chef che non ha come modelli i tristellati e che si pongono un po’ come i punk della cucina. Giovani, spontanei e tatuati, lontani dai rigidi schemi della gastronomia reinterpretano ed elevano la cucina che li ha cresciuti: la Street Food.”
Quindi il cibo è il nuovo punk? Non se ne esce.
[Crediti | Link: Googa Mooga, Eater, Huffington Post, Le Fooding, immagine: Flickr/smoothdude]