Mia madre non riesce a capacitarsi del fatto che io mi guadagni da vivere cucinando e scrivendo di cibo, dopo una brillante carriera scolastica, una laurea in Giurisprudenza e un master in web communication.
Lei, una di quelle madri anni settanta che insegnavano a noi figlie come l’emancipazione fosse fuori dalle mura domestiche, e soprattutto lontana dai fornelli, questa cosa delle foodblogger ancora non l’ha ben capita.
Sono più di 2000 i foodblog italiani (per taluni 2300, per altri addirittura 3000, chi può dirlo?). Per fortuna Francesca Martinengo ha pubblicato la prima guida ragionata alla gastrogiungla del foodblog italiano recensendone una cinquantina, tra quelli più rappresentativi. Fornelli in Rete (Malvarosa Edizioni, pp 256, 22 €) è dunque il titolo del primo libro sul fenomeno, se ancora si può chiamare così la realtà ben condivisa e consolidata dei blog che trattano di cibo.
Dicono che i foodblog siano un antidoto alla crisi “Stanchi della crisi? Ecco le nuove professioni che permettono a chi ha buone idee e costanza di guadagnare facendo semplicemente quello che più ama” , e figli illegittimi di Benedetta Parodi “L’espansione più impressionante è avvenuta tra il 2009 e il 2011: complice di questa ondata è stato anche il successo di Benedetta Parodi, che alla fine del 2008 lanciò Cotto e Mangiato”.
A guardar bene le colleghe foodblogger, dai nomi adorabili, foto perfette e problemi di insonnia, mi viene da pensare che ci sia dell’altro. A Prada, Manolo Blahnik, Chanel e Lanvin, sostituiscono Tescoma, Alessi o KitchenAid. Hanno un rapporto speciale con il cibo, smettono di considerarlo solo in funzione di calorie e grassi ingeriti, ma piuttosto come materia creativa per esprimere se stesse.
Ridefiniscono il moderno concetto di housewife (che spesso lavora, non è wife, e men che meno desperate).
Fanno l’orto, cucinano biscotti e li barattano con marmellate kmzero, ai figli preparano la schiscetta con merende fatte a mano, fanno il pane in casa, e hanno una nuova – o doppia – vita grazie al cibo. Alcune ne hanno fatto un vero e proprio lavoro, altre no. La maggioranza, direi. Ma in fondo è l’amore che muove il sole e le altre stelle no? Dunque? Se non è un modo per arricchirsi, nè arrotondare, deve per forza essere un mezzo di autoderminazione.
Hanno schiere di fan e commentatori devoti, aziende corteggiatrici, chef disponibili, macchine fotografiche ingombranti e molto tempo libero, da spendere agli innumerevoli eventi per foodblogger che ammorbano le loro agende.
Sono donne. Almeno il 95% dei foodblog italiani è gestito da donne.
Domestic-dive della nuova era? Lady cook? Oppure eroine del food? Ragazze, questa non è solo una questione di blogging, c’è dell’altro, ne sono certa.
— Fenomeno transitorio o già tassello della storia dell’emancipazione femminile?
— Chiedo a voi, colleghe foodblogger, nel mare magnum di foodblog c’è qualche anelito di neofemminismo o è tutto un gioco?
— Una donna ha bisogno di un foodblog come un pesce di una bicicletta?
— O è vero il contrario?
— Quale futuro avremo?
— Siamo una bolla ad esaurimento?
— Saranno le nicchie a salvarci?
— O un vero lavoro?
[Crediti | Martina Liverani è l’autrice del blog Curvy Foodie Hungry. Link: TgCom, Dissapore. Immagine: Shuttershock]