Dal 25 al 30 agosto si svolge a Suwalki (o Suwalkai), oscura regione nella Polonia nord-orientale, la nuova edizione di Cook it Raw, evento che riunisce una quindicina fra gli chef più acclamati del globo, tra cui René Redzepi (Noma di Copenhagen), Albert Adrià (Tickets di Barcellona) e Inaki Aizpitarte (Châteaubriand di Parigi), alle prese con ingredienti reperiti sul posto, possibilmente selvaggi e preparati senza l’ausilio dell’elettricità. Qui, il sito.
Nel 2010, Dissapore ha ospitato uno splendido, vibrante post di Massimo Bottura, protagonista dell’edizione lappone di Cook it Raw, che ben inquadra lo spirito della manifestazione, un po’ team building, un po’ think tank puro, di solito nobilitato dal ripristino di antiche tradizioni culinarie. Con molta voglia di fare ma senza snobismo.
La cucina ormai tira più del proverbiale carro di buoi, eppure in Italia, dove il crudismo guadagna terreno, suscita curiosità e attrae numerose persone disposte ad imparare e ad attrezzarsi per ragioni di forma fisica e salute, Cook It Raw Poland sta passando sotto silenzio. In passato, si sono lette generalizzazioni più reazionarie, che testimoniano scarsa capacità di mettersi in sintonia con lo spirito dell’evento. Anche da parte di menti notoriamente illuminate: per esempio Annalena Benini del Foglio.
Laboratori come quello di Cook it Raw non vogliono sostituirsi alla cucina tradizionale, né il crudismo pretende di imitarne le pietanze, sarebbe travestimento. Gli spunti di riflessione, prendendo atto che c’è sempre più cibo crudo nell’alta cucina, potrebbero essere tre:
1) Il cibo crudo è un momentaneo ritorno al cacciatore-raccoglitore. Non sono un antropologo, ma generalmente il momento in cui si è iniziato a cuocere i cibi viene considerato fondamentale per l’aggiunta del secondo sapiens al nome completo della nostra specie, per la transizione da primate a umano. Tuttavia il primate è in noi, ce lo portiamo dietro, risiede in una zona della nostra corteccia cerebrale che generalmente non è particolarmente stuzzicata dall’alta cucina. Nota a margine: per i vegetariani l’odore della carne cruda, con il suo forte richiamo al sangue, è particolarmente insopportabile, per quanto non sussistano differenze concettuali in favore della carne cotta.
2) I valori di Cook it Raw trascendono la cucina, non a caso il movimento è nato durante il summit sui cambiamenti climatici del 2009 a Copenhagen. Si cucina (più o meno) senza energia elettrica, utilizzando quasi solo ingredienti selvaggi, e comunque al 100% locali. Un input in favore di un consumo alimentare più sostenibile può anche partire dall’alto, specie ora che lo chef è una star.
3) Il crudo come il nuovo cotto, con ingredienti poco lavorati ed esplorati nella loro essenza, può presentare analogie con le avanguardie minimaliste. Ma a guardarlo bene, a me Cook it Raw pare più che altro punk. Se l’alta cucina fino agli anni Settanta, con i suoi barocchismi, le sue salse pesanti, le sue lunghe cotture, non può che essere il prog, la nouvelle cuisine, che cercò di modernizzare quella cucina pesante e ingessata, è stata una reazione fisiologica come quella del punk rock. Ma oggi è quella cucina ad essere divenuta il classico non più al passo con i tempi, e Cook it Raw assomiglia non poco a un live dei Ramones.
Senza pretendere di lanciare il crudismo come stile di vita assoluto, ma da adottare liberamente, senza diktat, potremmo considerarlo un’alternativa buona e divertente all’altra cucina. Per gli interessati.
[Crediti | Link: Cook it Raw, Dissapore, Il Foglio, Cruditaly. Immagine: Istagram/Amitace]