Antipastini minimal-sfiziosi e bollicine per lei, carnazza senza veli e rosso robusto per lui. Cosa c’è di meglio dei cliché a tavola per il lieto vivere della coppia – specie se servono a riconoscere senza tentennamenti chi dei due porta i pantaloni? Ma con la crisi che impazza là fuori, per i maschi alfa è finito il tempo delle mele. I ruoli si invertono, i cucinotti diventano la stanza dei bottoni del menage sentimentale e le signore si scoprono insospettabili patite della pasta e fagioli. E se lei si fosse pure messa in testa di far carriera, con questi chiar di luna puoi forse dirle di no?
Insomma, con o senza pari opportunità, i gusti dei due partner non sono più lo specchio dei ruoli distinti che erano una volta, quando lei aspettava zitta e mosca che l’azzimato accompagnatore le ordinasse l’insalata, magari facendo pure il piacione con la cameriera. E vivaddio.
C’erano, un tempo – mi dicono – gli uomini dalla cipolla facile, seduttori spietati usi a non farsi problemi di fronte al desco imbandito, né in quantità né in qualità. Ne andava della reputazione da duri e puri della cucina maschia, più sapida e coraggiosa di quella del gentil sesso, se questi drudi dallo stomaco di ferro non si manifestavano divoratori di bistecche alte cinque dita, pasionari dei sughi dalle cotture lunghe e complesse, gran bevitori di sangiovese e allergici a qualunque cibo tradisse nel sembiante un che di clorofillino.
Accanto a loro, come dee di un focolare dalle braci poco ardimentose, creature con docili bocche semichiuse e la forchetta sempre a mezz’aria, come se preferissero tutto sommato fare a meno di infilzare la – pur sobria – oliva Kalamata della loro insalata greca. Donne con la supersottana, insomma, maliarde q.b. ma sempre pronte a gratificare il male-pride del compagno – e in questo già tradivano un’indiscutibile nobiltà di intenti.
E sì che è tutt’oggi vero che esiste una presunta cucina per lui/ per lei, che sebbene abbia il fascino tardivo di un vestito fuori moda desta una certa nostalgica ammirazione in chi, come la sottoscritta, ha passato anni a portare a tavola il brasato al Barolo al signore e lo sformato di verdure alla signora.
Il maschio a tavola è (o era, appunto) quello che non si fa problemi a ordinare svariate portate dal gusto e dall’aspetto ruvido e primitivo, in luogo dei sapori delicati e delle consistenze vellutate dell’unico piatto, tutt’al più arrotondato da un antipasto etereo, della convitata.
Ma il gioco delle parti si stempera anche a tavola, e queste coppie d’antan, un po’ cerimoniose forse ma impeccabili, si sono perse a suon di aperitivi unisex, chupito e cucina esotica. Se da una parte i bar si riempiono di donzelle che bevono come marinai, dall’altra come non vedere i novelli maschietti dal gusto ingentilito come i loro cardigan ben stirati, più avvezzi ormai a sushi e finger food che a una godereccia grigliata mista (ahinoi)?
Ma, nascoste fra i mille meandri dei cibi metropolitani, ce ne saranno ancora? In giro per i bar e i ristoranti di oggi esistono forse coppie di cui tutto sia già deciso, dal momento in cui ci si siede e si ordina fino a quello, apicale, in cui lui le apre con premura la portiera della macchina senza dar segno di sentirsi un po’ passé?
A voi sentenziare a tal proposito.
A noi basti dire che il gioco delle parti ci piace, anche se snobba il politically correct. Eppure, non sappiamo negare un certo compiaciuto plauso alle coppie stranamente invertite, quelle in cui lei tracanna Chianti mentre il fidanzatino resta ritroso davanti alle gesta pantagrueliche della compagna e sorseggia appena, con le labbra quasi socchiuse, un delicato bianco fermo.
[Crediti | Immagine: Jezebel]