MegaPixel, sensore, full frame, ISO, mirror less… Basta chiedere consiglio a un fotografo hobbista e il sibilo delle tecnologie inizia a farsi sentire. Con il rischio però di non capirci niente. Che ammetterete, per chi ama fotografare il cibo non è la situazione ideale prima del grande passo: l’acquisto della fotocamera.
In giro per il web si trovano centinaia di post del tipo è meglio questa, no è meglio quella, ognuno di noi difende la sua scelta citando post, articoli, recensioni su riviste di fotografia. Per tagliare corto i più snob scomodano l’amicizia con il fotografo professionista, qualcuno sostiene, non senza una buona dose di faccia tosta, di aver comprato la stesa attrezzatura usata per l’ultimo fichissimo servizio del National Geographic.
Provo a sfatare alcune leggende metropolitane attirandomi, lo metto in preventivo, l’ira di tutti gli appassionati fotografi: la macchinetta migliore o l’ottica migliore non esistono.
Segue spiegazione con metafora: per cucinare un piatto riuscito servono le stoviglie (la nostra macchinetta fotografica), buoni ingredienti (la luce), una ricetta (la tecnica fotografica), il cuoco, possibilmente bravo (facciamo finta che il robot da cucina non l’abbiano ancora inventato).
Nel trasferire su pellicola o file una copia credibile della realtà, ogni fotocamera evidenzia pregi e difetti. Il punto dunque è capire come utilizzarla al meglio, fino a quando la nostra capacità tecnica, ma pure la nostra sensibilità non si sarà affinata.
Iniziamo con qualche nozione elementare. Agli esperti o ai super appassionati chiedo un po’ di pazienza.
Come funziona una fotocamera? La luce entra nell’obiettivo, un pezzo (o più) di vetro, lo attraversa e colpisce una superficie chiamata sensore (un tempo era la pellicola) che trasforma la luce in qualcosa che poi, elaborato dalla fotocamera, diventa la nostra foto (o meglio un file salvato su un supporto).
I punti salienti sono:
1. La luce
2. L’obiettivo
3. La fotocamera (nel suo complesso)
Iniziamo con la fotocamera ideale: dovrebbe avere un esposimetro in grado di leggere correttamente la luce e riprodurre con fedeltà ciò che gli occhi vedono. Possiamo dividerle in quattro grandi famiglie:
1. compatte
2. reflex
3. bridge
4. mirrorless
Le compatte sono il primo livello di alfabetizzazione, le macchinette che troviamo ovunque a partire da qualche decina di euro, con cui inquadrare e scattare in automatico o al più, intervenendo su pochi parametri. Sono l’equivalente delle vecchie Polaroid o delle macchinette usa e getta.
Le reflex sono invece le fotocamere ingombranti che usano i fotografi, dotate di obiettivi intercambiabili e una moltitudine di funzioni e accessori. Le lasciamo nella maggior parte dei casi in totale automatismo e, per non essere costretti a portare tonnellate di mercanzia, montiamo spesso obiettivi adatti sia ai paesaggi delle foreste canadesi che per inquadrare particolari miscroscopici a distanze chilometriche, rinunciando così alle possibilità creative che offrono.
Le bridge sono una specie di reflex con obiettivo tuttofare che non si può cambiare e permettono, o almeno dovrebbero, di ottenere fotografie di livello professionale con la comodità della compatta.
Le mirrorless, scoperta recente dovuta a non so quale trust di cervelli del marketing, puntano direttamente al miracolo. Siccome le reflex sono ingombranti e scomode e le bridge non consentono di cambiare le ottiche, ecco le compatte con gli obiettivi intercambiabili!
Ma come si sceglie una fotocamera? E quella che abbiamo non va già bene?
Premesso che non esiste la fotocamera migliore in assoluto, per fotografare il cibo dividerei le fotocamere in due tipi, a seconda delle immagini da scattare e del contesto in cui utilizzarle: piccola e discreta da portare in tasca senza chiamare una ditta di trasporti, e la Reflex.
La macchinetta piccola, “la compattina”, ci permette di avere sempre lo scatto pronto, mentre con la reflex possiamo imparare a fotografare visto che, mai contesto fu più appropriato, l’appetito vien mangiando.
Le caratteristiche da prediligere nelle prime sono l’obiettivo con una buona capacità di far passare la luce, detto in gergo “veloce”, il diaframma che arrivi a 2.8 o meno, e appunto, il grandangolo, ovvero la possibilità di poter ritrarre la più ampia scena possibile. E’ importante che possa scattare in modalità manuale, consentendoci di capire come cambia la fotografia variando gli ISO, il tempo di scatto e l’apertura del diaframma. La cifra massima che investirei in una compatta è circa 150 euro.
Per quanto riguarda le reflex, se vogliamo rivolgerci al mercato del nuovo, una qualsiasi entry level andrà bene. A Natale scorso ho visto reflex in kit a circa 300-350 euro ma attenzione, con un po’ di pazienza sul mercato dell’usato si trovano reflex ancora molto valide al prezzo delle compatte.
Se il budget non è del tutto esaurito possiamo comprare un obiettivo a focale fissa, direi il 50 mm F1.8 che è a catalogo per quasi tutte le marche di reflex, e che costa mediamente 100-150 euro. Se resta ancora qualche spicciolo, investiamo in un cavalletto per ulteriori 100-150 euro.
Per scegliere la fotocamera adatta vi suggerisco di perdere un po’ di tempo in un negozio, o di chiederla in prestito a un amico per fare degli scatti di prova, così valutarete anche il grado d’amicizia.
Ancora indecisi? Il mio consiglio è di andare per gradi, rispolverate la compatta che avete nel cassetto o la reflex regalo di laurea, scattate, provate, cambiate qualcosa e scoprite cosa succede, focalizzate l’attenzione su cosa volete dalla foto.
Per esempio, ecco come cambia la percezione dello stesso soggetto, sempre i peperoncini, nel momento in cui viene isolato.
In fondo, decidiamo cosa cucinare prima di fare la spesa e mettersi ai fornelli.
Se ci sono domande usate pure i commenti, lunedì prossimo parleremo di accessori.
[Primo episodio: Fotografare il cibo: corso base per fotografi aspiranti a una botta di foodporn]