Come si gusta la vera cucina dei luoghi esotici dove si va in vacanza? Ditemi che dopo vari prosciugamenti della carta di credito non siete tra coloro che ancora rispondono “frequentando ristorantoni con camerieri inguainati da livree improbabili”.
Il rischio che si corre se non si ha il fiuto del girovago è di ritrovarsi in posti ammantati di lustro occidentalesco che, nel migliore dei casi, sono l’equivalente di una qualsiasi pensione Miramare all’italiana – innocua, certo, ma francamente da evitare.
Lo dice anche la guida della rivista americana Frommer’s. Il Vero Cibo Locale non ha bisogno di essere etichettato come tale. Diffidare dunque dei menù che strillano “typical!” a lato di ogni vivanda proposta.
— Il Vero Cibo Locale deve per forza di cose non svuotarvi le tasche, come la logica della filiera corta impone.
— Il Vero Cibo Locale non si nasconde fra i bicchieri di Boemia, non si lascia intrappolare dall’argenteria tirata a lucido, né da un servizio impeccabile ma vacuo.
— Il Vero Cibo Locale trova i suoi migliori recensori nei Veri Avventori Locali, che se ne stanno lì, dando l’idea di esser nati seduti a quel tavolo.
Sono pressoché infinite le città che vorrei visitare solo per il piacere di camminare per strada e decidere in scioltezza cosa assaggiare, senza colpo ferire finanziariamente parlando e riuscendo non solo energeticamente ricaricata, ma anche antropologicamente soddisfatta.
1. Bangkok. A Bangkok, sembra sia impossibile camminare su un marciapiede senza inciampare a ogni piè sospinto in bancarelle cariche di noodles, piatti vegetariani o di carne, frutta e dolcetti. Un pasto da tre portate del migliore street food in Khao San Road, paradiso dei vacanzieri zaino in spalla, vi costerà un paio di euro.
2. Tel Aviv. Il falafel, l’innocente polpetta di legumi che riesce a far accostare al cibo etnico anche i più restii ad abbandonare lo spaghetto materno, va per la maggiore a Tel Aviv, capitale delle delizie vegeteriane to-go sulle quali regna per l’appunto il delizioso miniburger di legumi, il piatto nazionale – non ufficiale – di Israele. Il Sabich poi, una pita ripiena di melanzane fritte, è una piatto di origine irachena ma lo troverete spesso anche qui, di buona qualità e magari kosher. Gvirol Street abbonda di chioschi e stand dedicati al falafel (tre euro vi basteranno), ma per uno spuntino serale bisognerà spingersi fino all’area portuale di Jaffa, dove il forno Abulafia Arab vi risveglierà i sensi con la sua pita di tarda notte.
3. Istanbul. La patria di ogni gitano resta però, inesorabilmente, Istanbul, paradiso plurievocato sui muri dei kebabbari di tutta Italia. Regno dell’indistinto uso di spezie che nel farsi così irrimediabilmente promiscue ci guadagnano sempre, e fanno dei cibi di strada á la turque un marchio subito riconoscibile a naso. Che siano soffici borek ricoperti di sesamo, panini di pesce (balik ekmek ) o il più famoso döner kebap, gli odorosi manicaretti del Bosforo non mancheranno di farvi mormorare in estasi “Mamma li turchi”.
4. Città del Messico. Flautas, tacos, burritos, tamales, quesadillas. Con nomi che sembrano saccheggiati da un repertorio insondato di percussioni, Città del Messico regala sfizi che danno piacere al solo essere pronunciati. Assicuratevi, dopo i burritos tenerissimi, un po’ di spazio per un finepasto vitaminico. Fruteros e jugueros (venditori rispettivamente di frutta e succhi) saranno i vostri fari guida nell’incetta di frutta fresca dalle forme cubiste.
5. Hong Kong. Per chi, come la sottoscritta, ha messo la croce della dipserazione sul cinese standard pervenuto ai lidi italiaci, sarebbe il caso però di ricredersi sulla cucina tout court del Sol Levante. Per farlo basterebbe assaggiare il vero local food di Hong Kong: noodles, polpette di pesce al curry, dim sum, solo per citarne alcuni illustri rappresentanti che presenziano il Ladies’ Market di Mong Kok in Tung Choi Street, dove una generosa porzione di noodles alle verdure vi costerà circa 3 euro.
6. Marrakech. I souk nella medina di Marrakech sfidano ogni curiosa buona forchetta di passaggio ad assaggiare le speziate delizie del posto: tagine, melanzane fritte e couscous a volontà sono un niente al confronto della testa di capretto, immangiabile se non si riesce a mettere da parte il raziocinio urbano. Gli stand sono aperti anche la notte, e sarete accompagnati al vostro battesimo di vero cibo maghrebino da incantatori di serpenti e artisti di strada.
7. Rio de Janeiro. Nella capitale carioca non potevano mancare variopinti e gigioni venditori ambulanti di spuntini e bibite. Il succo di açai, assurto ai tabellari dietetici di famose hollywoodiane, è un classico di Rio de Janeiro, lo si beve all’angolo di ogni strada, senza pagarlo un salasso come si suppone facciano le succitate signore nelle erboristerie di Los Angeles. Poi tapioca, churros al cioccolato o al caramello, e il pão de queijo, pane al formaggio, presenza fisse nei chiringuiti a Copacabana e nel festoso mercato domenicale di Praça General Osório. La parte vecchia della città offre invece squisiti churrasquinhos, spiedini di carne grigliata ovvero assaggi di paradiso al costo di un paio di euro.
Raccontateci le vostre suggestioni – o le vostre effettive degustazioni – di cibi di strada internazionali. Così capiamo se vale la pena assaggiare a sprezzo del pericolo cibi impenetrabili o se è meglio arroccarsi sulla pizza al trancio delle città nostrane come migliore degli street food possibili.
[Crediti | Link: Frommer’s, Immagine: Flickr/Bangkok.Charlie]