Se vuoi capire come si ottiene quella piccola magia che è la convivialità a tavola, prova a cercare in un ristorante etnico. Ma comincio con il piede sbagliato: “etnico” non è la parola adatta. Finisce per accomunare cucine dai quattro angoli del globo solo in base a quello che non fanno – ovvero, cibo italiano.
A Milano vivono persone provenienti da ben più di 100 paesi diversi, e la maggior parte dei ristoranti etnici non sono nati per gli italiani incuriositi da una cucina esotica, ma sono invece luoghi di ritrovo per la comunità del paese: locali che servono la cucina di una casa lontana a persone che vivono qui e che la nostalgia la sentono nel cuore e anche nello stomaco. Era così, fino a non molto tempo fa, anche per le trattorie che facevano cucina regionale italiana.
Di recente ho pranzato in uno dei locali più divertenti in cui sia mai stata: è un ristorante peruviano e si chiama El Chorrillano [attenzione: sciabordio di onde all’apertura del sito].
El Chorrillano sta in via Varanini 26, nei dintorni meno gradevoli della Stazione Centrale. È un luogo di perversa autenticità: nessun eco di Perù – niente lama, niente Machu Picchu (con questi ho esaurito i miei riferimenti culturali) e, invece, un decor sfrenatamente marinaro. Dai muri blu intenso protrudono altorilievi di fondale marino, con coralli, spugne e anemoni di mare in scala 1:1. Alla parete dell’ingresso è appesa una rete, che contiene un’enorme razza di plastica dall’attrattiva magnetica.
Il menu del Chorrillano usa il bastone e la carota. Se sul frontespizio promette “el mejor ceviche de Milano” a pagina 2 ammonisce: “Attenzione: Soltanto 4 birre per tavola. Non si presterà attenzione a persone in stato di ubriachezza”. Predisposti come siamo a un quieto sabato di day drinking, speriamo che intendano che potremo passare inosservati.
Antipasti: Causa Rellena (7 Euro), doppio strato di patate con ripieno a base di pollo, maionese, olive e spezie. Muscolare! Leche de Tigre (8 Euro): sugo di pesce, limone e peperoncino, servito in un bicchiere decorato con n.1 gambero. Da bere dal bicchiere in luogo della quinta birra.
È poi il turno del ceviche mixto (a 18 Euro), acidulo e piccante come si deve: anche se il menu rimane nel vago (ingredienti: “pesce”) è così buono che ne finiamo una porzione pantagruelica. Ma non c’è tregua: dobbiamo scalare anche una montagna di chicharrones de pescado, bocconcini di pesce fritto in pastella.
Per rendere più difficile ai camerieri il computo delle birre, spaziamo tra varie ordinazioni: qualche bicchiere di chicha morada, bevanda a base di mais speziata (così, per semplificare, ricorda un vin brulé freddo) e all’insegna del fusion latino, anche una caraffa di sangria (lo so).
Il locale è stracolmo, e siamo tra i pochissimi italiani. Una tavolata molto numerosa sta festeggiando un compleanno: ad intervalli regolari il televisore che trasmette balli popolari viene dirottato su di una versione particolarmente molesta di Cumpleaños feliz.
L’atmosfera è caotica e allegra. E ci contagia: quando usciamo anche noi siamo contenti così, come di niente.
In realtà siamo contenti di essere amici, e di aver pranzato tutti insieme.
[Crediti | Link El Chorrillano, immagini: Crepes of wrath, Foodspotting/Smimi, Facebook]