Come ha fatto Trita: “tailor made burgers”, a far parlare di sé più della previsione dei Maya sulla fine del mondo, guadagnando a pochi mesi dall’apertura la menzione della guida Foodies 2013, in una scena congestionata come quella delle hamburgherie di Milano? I molti clienti in zona ticinese citerebbero la possibilità di personalizzare al massimo ogni panino: alla cassa si scelgono subito il tipo di pane, carne, salsa, verdura o formaggio. Poi si prendono le bibite nel frigo e in attesa di essere chiamati per ritirare il panino attraverso l’apertura che dà sulla cucina si paga il conto.
Il locale luminoso, total-white, con grandi cartelli sulle pareti che “raccontano” gli ingredienti aiutando i clienti ad assemblare il panino, adotta la formula della vendita di alimenti a libero servizio ovvero, una specie di take-away con alcuni posti a sedere. Per questo mancano i servizi igienici e di conseguenza, ci si lava le mani con le salviettine imbustate reperibili sui tavoli.
La scelta è tra quattro tipi di carne, bufalo campano a 6,50/8,50 €, limousine padana a 7,50/8,75€, black angus a 8/10€ e wagyu, la razza giapponese conosciuta come manzo di Kobe, a 18€. Tutte in due diverse pezzature (200 o 250 grammi), tritate e pesate al momento sulla bilancia, mentre le verdure, ovvero lattuga, pomodoro, cipolla e cetriolo sono gratuite. Pagabili a parte come supplemento bacon, funghi, melanzane, avocado, zucchine e jalapenos, formaggi (cheddar, gorgonzola, brie, caprino a 0,75€) e salse (mayo, chetchup, curry, bbq, senape, speciale a 0,50 l’una tranne quella della casa, in omaggio).
Il gioco è divertente: nel nome della massima personalizzazione ognuno crea il suo hamburger perfetto, ma occhio, facendosi prendere la mano i prezzi lievitano. Anche la sartorialità ha un prezzo. Accanto ai panini si possono ordinare patate fritte a 3,50 €, bibite classiche o birre in bottiglia scegliendo tra Menabrea, Tennent’s super o Corona a 4€ l’una.
Supero l’indecisione che provoca tanta abbondanza e scelgo un black angus da 200grammi con cheddar, bacon, insalata, pomodoro e ketchup in un panino al sesamo. Abbinato a non indimenticabili patate fritte dal taglio a bastoncino largo (surgelate?) nell’apposito involucro di cartone, con le salse servite a parte, bevendoci sopra una classica Menabrea nella versione migliore, etichettata G. Menabrea E Figli, imbottigliata ancora a Biella.
Con tutte le variabili possibili non è facile giudicare i panini di Trita. Restando al mio, generosamente farcito, non lo includerei nel kit di sopravvivenza per la fine del mondo: la carne lascia un ricordo tutt’altro che indelebile, poco saporiti anche formaggio e bacon, il cui gusto ho percepito a fatica. Meglio il pane, declinato in tre varianti, liscio, sesamo e semi di papavero, largo, ben masticabile e con una leggera nota dolce.
Da riprovare, magari facendosi tentare dall’hamburger con il manzo di Kobe, i cui capi prima di tirare le cuoia verranno anche massaggiati con la birra massaggiati con guanti di crine di cavallo e bevono birra, ma che se non squisiti, costando 18 €, ci costringerebbero a sbugiardare la guida Foodies 2013 e scacciare dal paradiso delle hamburgherie Trita l’impostore.
Trita,
piazza XXIV maggio 6 – Milano.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Andrea Soban]