Discorrere, sorseggiare, ridacchiare e contemporaneamente spilluccare, in piedi o al massimo appoggiati a muri e banconi di qualche bar, tutta questa roba è tapeo. Da tapear, insomma compartir, cioè condividere. E mangiare è l’atto sociale per eccellenza, chi non mangia in compagnia… se poi non sei bloccato con le gambe sotto al tavolo ancora meglio, mentre attorno il vociame cresce s’impasta con la musica.
Pare che l’usanza spagnola di servire il refresco o la caña con un piattino di accompagnamento arrivi da un re ammalato, Alfonso X, che – bella cura! – era tenuto a sorbire spesso il vino; per non finire brillo a metà mattinata aveva preso a sbocconcellare assaggie piccoli panini.
Ma non si è sicuri. Più tardi, un saggio cameriere andaluso di Cadiz, ebbe la prontezza di tapare la coppa di vino del Re Alfonso XIII con una fetta di prosciutto, per proteggere la real bevuta da una tempesta di sabbia. E in genere, i ristoratori sevilliani coccolavano i loro clienti con fette di chorizo e lomo da mettere sui bicchieri per proteggerli dalle mosche nelle afose piazze estive.
Fatto sta che le tapas sono diventate parte imprescindibile dei riti spagnoli – le servono anche ai capi di Stato. E se nella maggior parte dei bar si ordinano e pagano a parte, esistono piccole oasi dove alla richiesta di una birretta segue immediatamente il piattino di delizie, o si sceglie da un piccolo menù spesso unto e stropicciato, senza che il conto aumenti (aumenta però il numero di bevute).
Granada è una di queste oasi. Rannicchiata ai piedi della Sierra Nevada, oltre alla magnifica Alhambra e a un affascinante passato, ospita combriccole di turisti e studenti gaudenti che a qualunque ora del giorno e della notte, cercano il refrigerio di una bevuta ghiacciata, il più delle volte sotto forma di birra chiara o tinto de verano.
E capita che in piccoli viottoli incastrati tra il quartiere arabo, quello cristiano e quello ebreo, si scovino piccole perle di bontà, consigliate sottovoce da vecchi conoscenti o da nuovi compagni di viaggio, perché ogni locale ha la sua specialità, e nessuno vuole il posto al sole da turista sprovveduto.
Allora si presentano carne en salsa, bocadillos, polpo meravigliosamente fritto, albondigas, pinchitos morunos, roscadas, ensaladilla rusa, pescaitos fritos, tortillas, champiñones con jamon, e non ricordo più cos’altro.
Poi, se andate nel miglior ristorante di pesce della città, se siete proprio fortunati, insomma, se fate gli occhi dolci, allora vi serviranno anche la paella de pescado. Che è il vero bene.
Infine, se proprio non siete sazi – o, al contrario, brilli andanti, perchè con ‘sta storia che le tapas arrivano insieme, e con lo spilluzzico ti viene sete, potete tener bordo a un piatto misto di specialità alpujarrene, belle grasse e goduriose, o semplicemente optare per un meraviglioso shawarma a portar via (dove vi serviranno l’ennesima tapa, anche all 6 del mattino…), e fuggire in silenzio in cima, per gustarvi nottetempo anche il Mirador di San Nicolas.
Insomma, altro che aperitivo, buffet e tartine smunte. Di tapas ci vanno consumatori di tutte le età, e fino a tarda notte turisti e non, indipendentemente dall’orario e dal livello del posto. Anzi, dato che tutto ciò che sul tavolo non serve si getta a terra – tovagliolini in primis, si dice che più il posto è sucio, e meglio si mangia.
Rischioso, ma affidabile.