Il cibo marca silenziosamente il territorio molto più che una semplice linea geografica tracciata sulle mappe. Potete ostinarvi e chiamarla “Puglia”, ma nel Salento non troverete traccia di ciò che nutre i vicoli della Bari vecchia. Le orecchiette e cime di rapa? Dimenticatele: qui siamo in quella che nel cinquecento chiamavano Terra d’Otranto, parente stretta di Calabria e Sicilia con le quali condivide piatti e dialetti. Ciciri e tria per dire, non è dialetto pugliese, come non lo è la dichiarazione d’amore dei Salentini: “beddra te lu core!”. Salento dunque diverso dalla Puglia? Si, ma né meglio né peggio, solo quel tanto che ha spinto qualcuno a chiedere l’istituzione della ventunesima(!) regione Italiana. Sempre meglio comunque, di chi vorrebbe la Repubblica Salentina.
Pane e Puccia – Quali sono, allora, i cibi che non troverai nel resto della Puglia? Beh, prendi il pane, per esempio, e dimentica quei pagnottoni da sette chili di Altamura o Monte S.Angelo. Qui nel Salento il pane è declinato in due qualità e specie diverse: quello che chiamano “pane di grano”, dalla pezzatura piccola ma pesantissimo, scuro e compatto, e l’onnipresente puccia nella variante cipolla e pomodoro. La puccia uliata è impastata appunto con le olive (occhio al nòcciolo) e sostituisce il pane. La mia preferita? Cipolla e pomodoro per accompagnare il cacioricotta e un buon bicchiere di rosato.
Capitolo a parte merita la frisa, il pane secco nato e cresciuto nei forni “a ramaglie d’ulivo” della zona. La frisa, quella buona, si distingue per l’assoluta impermeabilità all’acqua: servono almeno 3 minuti di immersione per renderla commestibile. Una volta ammorbidita, non deve rilasciare neanche una goccia e va condita con olio, pomodoro, cipolla e qualche cappero sotto sale. Chiedersi perchè a Lecce i capperi crescono sui muri del Castello e nei miei vasi pieni di buona terra no.
Street food – Se a Bari si venderebbero il lungomare per un pezzo di focaccia fatta a mestiere, a Foggia basterà la cattedrale. A Lecce e dintorni, invece, lo street-food ha un solo nome: il rustico da mangiare bollente, appena sfornato, per godere in pieno di quel magico miscuglio mozzarella-pomodoro-besciamella racchiuso in una leggera pasta sfoglia. Pepe q.b. e mai, dico mai riscaldato, ché la sfoglia ci soffre. Buoni quelli della rosticceria in via del Trinchese a Lecce, una macchina da guerra che ne sforna centinaia al giorno a garanzia di freschezza. La riconoscerete dai golosi che, giusto fuori al locale, soffiano sul rustico bollente per evitare ustioni di terzo grado. La magia della sfoglia ripiena però, si compie a Galatina in quel piccolo baretto di fronte alla Cattedrale di Santa Caterina d’Alessandria…
Municeddhe – Chi non le ama, salti pure questa parte dedicata alle municeddhe, le lumache, insomma. Qui si mangiano quelle in letargo (con il panno) che non hanno bisogno di spurgo. Al calore del fuoco, romperanno l’opercolo bianco che le ha protette durante il letargo. Insomma, quattro salti in padella e sono pronte.
Cacioricotta – Amate i formaggi? This is your land! Niente stagionature infinite però, questo è il regno del cacioricotta da mangiare fresco insieme ai pomodori o della giuncata, una sorta di primo sale. Qualche buon pecorino invecchiato in giro c’è, ma nulla di più. Da non perdere la ricotta fresca della Masseria La Granda (su ordinazione), a due passi dal circuito di Nardò, o le mille formaggette e scamorze prodotte da minuscoli caseifici con annessi animali al pascolo. Nota bene: astenersi seguaci della burrata perchè Andria, patria indiscussa degli sfilacci di mozzarella affogati nella panna, è 250 km più a nord.
Caffè – Rassegnatevi, anche il caffè è autoctono. Passata la frontiera della provincia di Lecce, Illy e Lavazza sono un pallido ricordo: qui detta legge il caffè della torrefazione Quarta. Tranquilli però, provarlo nel bar di famiglia (Lecce – via del Trinchese) e perdere tutte le vostre certezze sul caffè sarà un attimo. D’estate lo preferite freddo? Qui si usa al ghiaccio e al posto dello zucchero, un cucchiaio di latte di mandorle, magari della cioccolateria Maglio: mi ringrazierete. Maglio, tra l’altro, confeziona degli ottimi fichi “ammandorlati” e ricoperti di cioccolato che…basta, sto salivando e non devo perdere il controllo per segnalarvi ancora due bontà autoctone da non perdere: il pasticciotto e la cotognata.
Il pasticciotto: È un delirio caldo di morbida pasta frolla e crema che i salentini usano al posto del cornetto surgelato. La cotognata, invece, meriterebbe un post (un blog?) a parte per quanto è buona e profumata d’autunno. Responsabile di alcuni dei miei eccessi storici (non ci sto più dentro con le dosi) la trovate più o meno buona dappertutto. Oltre a alla cotognata definitiva di Maglio, consiglio l’acquisto nelle due Cattedrali di Santa Golosità del Salento: la pasticceria Natale e il rinato Alvino.
Ancora dolci – Gelateria Natale: mi tremano le gambe solo a scriverne il nome. È la mia Disneyland personale e in tanti anni di canina fedeltà non ho ancora assaggiato tutti i gusti. Il mio primo fondente al peperoncino, per dire, l’ho gustato a Lecce secoli prima che esplodesse la moda del cioccolato speziato. Provate anche fichi, mandorle (c’è il sorbetto), pinoli, pistacchio e poi tutte le creme note alla civiltà occidentale: il gelato oscura a tratti la fama della pasticceria, solida e tradizionale, con qualche picco di eccellenza. Lenite la pena del distacco con qualche goloso souvenir da mordere nel momento del bisogno (leggi: calo degli zuccheri).
Ok, diciamo che la vostra mission di oggi è: testare tutte le pasticcerie di Lecce. E allora da via del Trinchese (Gelateria Natale) portatevi in piazza S. Oronzo e saccheggiate con la coscienza a posto la Pasticceria Alvino (siete qui per “lavoro”, no?). Dopo aver vacillato davanti al banco gelati, stramazzate felici di fronte ai fruttoni al cioccolato, ai pasticcini di mandorle e svenite definitivamente sbocconcellando il miglior pasticciotto in circolazione. Ecco, lo sapevo: i pochi metri che separano le due pasticcerie, non sono bastati per smaltire le trecentomila calorie accumulate, e ora siete da raccogliere col cucchiaino. Domani, per penitenza, vi toccherà la Gallipoli-Otranto a nuoto. Senza tappe intermedie.