Se siete di quelli che usano le guide gastronomiche al posto delle guide di viaggio, e questa estate passate da Parigi, andrete sicuramente al Roseval: il bistrot di Simone Tondo e Michael Greenwold eletto dalla guida Le Fooding il bistrot migliore di Francia.
Prenotate per tempo, mi raccomando, i coperti sono pochi, le prenotazioni sempre molte, soprattutto ora che è l’indirizzo di culto del quartiere di Belleville.
Curiosa di capire come si diventa, in meno di un anno dall’apertura, il miglior bistrot di Francia, sono andata anche io al Roseval. Ecco quello che ho capito e quello che no.
Esterofilia. Immaginatevi se una guida recensisse come miglior trattoria d’Italia una in cui il cuoco fosse un francese. Si scatenerebbe il finimondo.
O pensate se una guida stilasse una classifica delle migliori pizzerie italiane e non mettesse nemmeno una pizzeria napoletana tra i primi posti…per dire, fioccherebbero le solite micragnose polemiche all’italiana.
E invece al Roseval, gli chef patron sono un italiano (Simone Tondo) e un angloamericano (Michael Greenwold). Che hanno 25 e 28 anni.
Tavolini stretti. Ha ragione Mireille Guiliano quando scrive che Le francesi non ingrassano. Se ingrassassero non potrebbero sedersi ai microscopici tavolini dei bistrot, quindi non potrebbero mangiare, e quindi patendo la fame, resterebbero magre.
Il Roseval ha circa 30 coperti (e qualche tavolino all’esterno), si sta vicini-vicini, i piatti sono piccoli, i bicchieri sono solo due (acqua e vino), non c’è la tovaglia, solo il tovagliolo. Le posate te le tieni fino alla fine del pasto.
Menu fisso. Nel senso che è unico e solo, non ci sono scelte. E questo è un potente antistress che ti toglie dall’imbarazzo di dover ordinare, ideale per chi (come me) crede che uno dei compiti dello chef sia quello di pensare per te ai piatti migliori del giorno.
Il menu cambia ogni due settimane.
Doppio turno, e solo nell’infrasettimanale. Il bistrot è aperto a pranzo e a cena dal lunedì al venerdì, la sera i turni sono due. Il sabato e la domenica al Roseval sono chiusi.
Piatti ignoranti. E’ così che Simone Tondo definisce i suoi piatti, anche se il New York Times ha usato altre parole per inserire il Roseval tra gli artefici della rivoluzione francese della cucina.
Di sicuro quella del Roseval è una cucina sorprendente, curata e leggera. Io per esempio, ho mangiato: Cannolicchio con uovo, limone, pane e cipollotto; Baccalà con fiori di zucca e crema di melanzana bruciata; Agnello, polentina al burro, pane alla bottarga, asparago e tapenade di olive; e come dessert un Gelato al fieno, melanzana, rosmarino e mele.
Cucina piccola. Se entri nella cucina del Roseval ti chiedi come facciano a uscire certi piatti così curati; “sembra la cucina di MacGyver” (la citazione non è mia, ma dell’altro chef italiano di stanza a Parigi, Giovanni Passerini, che mi descriveva la cucina del suo Rino – piccola come quella del Roseval – in una giornata in cui si era rotta la macchina per il gelato).
Cucine grandi come un armadio in cui devi essere sintetico anche nei movimenti e molto poco umorale.
Chef volante. Gli chef sono giovani, carini, e si mantengono in forma correndo avanti e indietro dalla cucina alla sala e viceversa: si, perché sono loro a servire ai tavoli, e in questo modo spiegano il piatto meglio di come chiunque altro possa fare, gradiscono che gli venga posta qualche domanda, veloce però.
Conto leggero. Tre piatti e un dessert, oppure un piatto di formaggi, il costo del menu è di 40 euro (47 coi formaggi), esclusi acqua e vino.
Una cosa però non capisco: una formula così “facile” e riproducibile la possiamo replicare anche qua da noi?
[Crediti | Link: Dissapore, New York Times, d.Repubblica e Tokyo Cervigni, . Immagini: Martina Liverani, TMagazine, Alix Aurore, L’Express]