Dieci, cento o mille volte ho scritto da queste parti che non mi sciolgo davanti alla melassaterapia di camerieri troppo cerimoniosi, ma quando ci vuole ci vuole. Credo in altre parole, che tra gli indicatori di maturità di un ristorante, peraltro appena decorato con stella Michelin, ci sia la maliarda miscela di capacità, carattere e cortesia che ho trovato al Metamorfosi.
Dove, lo dico subito, nei due menu degustazione da 70 e 90 euro, abbondano i killer-dish, piatti che andrebbero accolti tra ovazioni. Come l’esordio: gamberi crudi avvolti nella rapa bianca, tagliata sottile, da tuffare nella maionese con foie gras, accompagnati da dragoncello e briciole di pane. Un carico di avvolgenza, acidità e consistenza, piccola perla illuminante.
Da inviato nel ventre della creatura “caceresca” (da Roy Caceres, il corposo chef colombiano paragonato a a un Bud Spencer più giovane e gioviale), non posso tacere della notevole esuberanza dei “Pomodori vestiti”, ovvero avvolti nel raviolo, sormontati da acciughe fresche, messi accanto a burrata, basilico fresco e salsa di mascarpone. O della spalla di agnello coperta di scarola, con animelle laccate, per amanti delle frattaglie.
Ma niente è stato come l’anguilla di Bracciano, con farro franto, cipolla caramellata e carpione gelato. Avete presente mangiare di gusto? Cioè: divertirsi proprio, e tanto, e al tempo stesso essere gratificati da una cucina che non bussa alla pancia degli istinti per incassare stima? Massimo rispetto.
Finale tutt’altro che sottotono con Torrefazione 2.0: sferificazione del cioccolato ripieno di semifreddo alla nocciola, servito con caffe espresso e frutta secca sabbiata.
Per tutto il tempo il sommelier, che definirei “affettuoso”, mi ha assistito come un guida per spiegare la carta, certo non banale. L’ambiente delicatamente moderno si apprezza anche a pranzo, sarà, cosa devo dirvi, per il Lunch menu a 50 euro. Spesi per 3 portate alla carta 75 euro vini esclusi.
[Crediti | Immagini: Andrea Di Lorenzo]