L’avessero fatta in un altro angolo del pianeta, uno qualsiasi, me la sarei cavata con una manciata di indirizzi per tamponare lo stomaco durante, prima e dopo la Festa a Vico, feria gastronomica del contagioso chef mediterraneo Gennaro Esposito. Ma si fa a Vico Equense. Cioè in costiera sorrentina. Cioè nella Silicon Valley del Belpaese, dove invece che al silicio, tutto gira intorno al cibo. Allora ho pensato di fare così, per una volta tralascio i soliti noti anche per non costringervi al cambio di residenza immediata, e racconto altre storie che concorrono al miracolo di questo tratto di Tirreno.
Nomen omen, Meta di Sorrento è la prima tappa. Al ristorante La Conca, sulla spiaggia di Alimuri, si sceglie il tavolo direttamente sulla sabbia o nella sala effetto acquario tra murales di pesci giganti; in entrambi i casi, complice una carta con brillanti proposte di mare, si è felici di trovarsi lì, semplicemente. Oggi nel menù non c’è più, ma tre anni e millemila versioni dopo, mi commuovo ancora pensando alla millefoglie di pesce bandiera (con ortaggi su crema di pere e salsa alla clorofilla).
Malgrado i percorsi brevi, a volte il traffico rende gli spostamenti complicati, ma bastano 2 fermate di Circumvesuviana per andare in centro a Sorrento e conoscere L’Antica Trattoria. Trattoria? Il nome, me lo spiega il patron Aldo D’Oria, è la sola cosa rimasta del locale aperto nel 1930 negli stessi ambienti, del resto basta aprire il sito per capire la modernità che lo anima. La carta si sfoglia come un catalogo di sartoria, dal light-lunch alla grande degustazione, dai menù di terra e mare a quello all inclusive c’è qualcosa di tagliato su misura per tutti, vegetariani e celiaci inclusi. Accoglienza impagabile, entusiasmo coinvolgente, storie e curiosità, Aldo D’Oria mi mostra la cucina, mi regala il suo olio, poi mi fa vedere una foto. C’è una bella brigata di camici bianchi e cappelli di qualche anno fa: “Vedi questo magrolino, lo riconosci?” E’ un giovanissimo Rocco Iannone, il controverso chef del ristorante Papacarbone, anche lui passato da qui.
Un pranzo al Faro di Capo d’Orso bisogna farlo, ma la mattina si parte presto, sono 37 km di tentazioni cui resistere è complicato, Positano, il fiordo selvaggio di Furore, i vicoli di Amalfi, più che una strada una tortuosa ferita della roccia sospesa nell’azzurro. Il Faro si trova appena fuori Maiori, la sala è un pavimento, un cristallo che separa dall’abisso con i faraglioni sullo sfondo. Lo chef e proprietario insieme ai due fratelli, Pierfranco Ferrara — poche parole ma molta tecnica — si è messo dietro ai fornelli solo dopo aver bruciato padelle dai grandi d’oltralpe come Piege, Guerard e Veyrat e dispiace se ne parli così poco. Mi colpisce l’eleganza naturale dei piatti, e ancora non dimentico, né penso di farlo a breve, uno splendido lingotto al cioccolato.
Se vi servono ancora zuccheri, la confinante Minori è il feudo di Sal De Riso, pasticciere grandi numeri, che in qualche boccaccio di vetro riesce ancora a ricreare i profumi di questo paradiso.
La prima parte: Posti dove andare a Vico Equense oltre alla Festa a Vico 2011.
[Crediti | Link: Dissapore, Immagini: Flickr/Alfedena 1961, Ristoralia, Viaggiatore Gourmet]