A1 uscita Anagni-Fiuggi. La sbarra si alza e inizio distrattamente ad andar su per colline, faccio, diciamo, una quindicina di chilometri. Solo qualche ora dopo, quando di nuovo al casello il viaggio può dirsi compiuto, appare chiaro il senso delle cose*: il nulla intorno al ristorante, la tavola disadorna con 3 pietre, due sole degustazioni avare di descrizioni. Perfino il nome del ristorante, “Le colline ciociare”, sembra l’unico possibile. E poi c’è lui, Salvatore Tassa, il cuciniere, un ragazzone di 55 anni con una passione divorante. Apre la porta della cucina a tutte le portate e spesso deve interrompere la spiegazione del piatto per farmelo mangiare ancora caldo.
Il menù “I segni e i gesti della terra” è ciò che lo racconta meglio: 5 portate più il dessert anticipate e spesso intervallate da alcuni capolavori di miniatura gastronomica: a contarle tutte alla fine sono 18, rilegate come pagine di un romanzo da sfogliare con cura per non finirlo troppo presto. Rivoluziona le gerarchie: qui il manzo, l’agnello e perfino l’ostrica sono comprimari, i protagonisti sono il suo orto e, come suggerisce sorridendo, il demanio che saccheggia quotidianamente con infinita saggezza.
Ogni portata un tripudio di sapori bucolici in un equilibrio che più ossimoro non si può: complesso ma naturale, arriva al punto di farti chiudere gli occhi. Solo un accenno di quello che vi aspetta perché è bello sentirlo dalla sua voce ciociara : La zuppa fredda di aglio come succintamente recita la carta è in realtà un’inarrivabile mousse di aglio di Sulmona con mandorle, pistacchi, thè verde e tartare di agnello che nasconde un cuore di granita di pomodoro profumata alle fragole; radici e orto, la cui foto dovrebbe ornare il documento di identità di Tassa, fa vacillare i più carnivori mentre il cucchiaio di granita di muschio, lardo e rosa canina, è per me l’appetizer dell’anno già ad aprile. Alla fine lo provoco sui dessert chiedendogli se forse non si entusiasma meno a elaborarli. Però aspetto ancora la risposta.
*Ricordate il capolavoro di Milcho Manchevsky “Prima della pioggia”? Uno straordinario film di due ore che si compie nell’ultimo fotogramma, perfettamente coincidente con quello iniziale.