Nello scorso post ho raccontato dei pregiudizi che circondano i ristoranti cinesi in Italia. A questi si aggiungono le false convinzioni su cosa costituisca la cucina cinese, che spesso viene identificata con piatti come il riso alla cantonese o il gelato fritto, pietanze che non si trovano in Cina e possono essere accomunate piuttosto agli spaghetti with meatballs della tradizione italoamericana o, ancor peggio, agli spaghetti bolognaise o fettuccini Alfredo che facilmente troviamo all’estero in ristoranti pseudo-italiani.
Ma come capire quando un piatto è in realtà “imbastardito”? Un primo indizio può essere il fatto che sia impossibile da mangiare con le bacchette e che richieda invece l’utilizzo delle posate, come è il caso di molte delle portate di riso che troviamo al ristorante cinese: il riso cucinato secondo la tradizione cinese è infatti cotto in modo da formare “pallette” glutinose quando viene portato alla bocca, così da consentire di mangiarlo con le bacchette. Un secondo indizio è la presenza di ingredienti tradizionalmente non presenti nella cucina cinese, come i prodotti a base di latte o di formaggio – e questo è evidentemente il caso del gelato fritto. L’unico “formaggio” tipicamente cinese è infatti il tofu, fatto con il latte di soia.
In ultimo, si pensa comunemente che la cucina cinese sia caratterizzata da cibi unti e da un uso allegro della frittura, ma anche questo non è corretto: il cibo cinese tradizionale rivaleggia invece con la cucina occidentale per salubrità, dato che in esso le verdure fanno la parte del leone e che vengono cotte per tempi brevi, così da preservare le sostanze nutritive e i colori brillanti: secondo la tradizione cinese, infatti, l’aspetto e il colore della pietanza sono addirittura preminenti rispetto al sapore, solo secondo come grado di importanza.
Dire che cosa non è vera cucina cinese è più facile del contrario, dato che la Cina è un continente in sé e gli stili differenti di cucina solo almeno 4, corrispondenti a 4 differenti aree geografiche: Sichuan, Shandong, Jiangsu e Guangdong. In Italia, siamo soliti mangiare una cucina genericamente del Sud, dato che la comunità cinese proviene massicciamente da una sola regione, il Zhejiang, nel sud est della Cina.
Ieri sera, io e un’armata di 40 volonterosi raccolta su Twitter (hashtag di riferimento dell’evento #cinese1), abbiamo affrontato un menu squisitamente cinese al ristorante Jubin di Milano, che ci ha servito una trionfale carrellata di specialità.
Il menu comprendeva piatti “spericolati” come lingue d’anatra, medusa cruda, insalata di alghe, abalone ai broccoletti, a fianco di pietanze come ravioli di gamberi, gnocchi di riso con verdure e granchio sale e pepe, dal più prevedibile successo di pubblico.
I presenti hanno decretato che le lingue d’anatra sono un po’ ostiche, la medusa cruda avrebbe un buon sapore se non fosse per la consistenza, l’abalone (una creatura largamente misconosciuta) ricorderebbe un po’ il tofu, mentre la zuppa con zucca dell’Est e vongole è stata la vera sorpresa della serata. Guest star, la mia insegnante di cinese, prof. Hao Huijuan, che ringrazio pubblicamente.
[Foto di Laura Monticelli Caraccini, del foodblog Tavole & Fornelli]