Il cibo di strada, l’impellente gola, il richiamo atavico del mangiare consumato con le mani senza altra sovrastruttura o insidia se non la fila che puoi trovare al baracchino, banchetto, chiosco. A Milano un sabato qualsiasi, ore 15 troppo tardi per un pranzo vero, troppo presto per rinunciare completamente, mi illumina la giornata un bel posto “Mangiari di strada”: l’oasi di tutti i miei sogni proibiti raccolti in un solo luogo. Questo “non luogo” (non è un ristorante, non è un fast food, non è un bar, non è self service, non è un bistro) propone tutto il meglio del cibo di strada italiano, utilizzando materie prime selezionate con maniacalità, biologico come regola aurea, fresco e stagionale sottinteso e pure il fatto in casa.
L’idea è una meraviglia, il menù scritto col gessetto sulle lavagne anche, tant’è che mi mette in imbarazzo perché vorrei uno di tutto:
— pani ca meusa,
— panino con il lampredotto,
— panino lingua e salsa verde,
— pane e panelle,
— pastrami,
— panino con la mortadella Pasquini e Brusiani o con il crudo di Parma S.Ilario 36 mesi,
— crocchette di patate,
— mozzarella in carrozza,
— alici fritte,
— pizze,
— focacce,
— baccalà,
— hotdog con wurtsel Meraner Siebenforcher e crauti del Maso venostani,
— hamburger (220 gr. di polpetta bio, insalata, formaggio d’alpeggio, pomodoro, pancetta e cipolla rossa croccante),
— bombette di Alberobello e via così su e giù per l’Italia.
Il fascino, la cultura popolare e la tradizione del buon cibo italiano luccicano davanti a me inerme, costretta a scegliere tra tanto ben di dio. Mi arrendo e ordino il panino col lampredotto, una birra baladin (l’unica in menù) e con mano scattante afferro anche uno dei sacchetti di chips artigianali appoggiati sul banco.
La formula è pratica, ci si munisce di scontrino alla cassa e si aspetta fino a che non sarà urlato in sala il nostro piatto. Si afferra il vassoietto e ci si siede in uno dei tanti tavoli col piano di marmo. Il locale a dire il vero un po’ pretenzioso lo è, ma siamo pur sempre a Milano, e si sa che qui piace così, low profile aggraziato. Niente che distragga dal protagonista principale però: il buon cibo. Perché è buono, buonissimo, il panino è fragrante e profumato, leggermente imbevuto di brodo da un lato, il lampredotto di ottima qualità in un bel bilanciamento di grasso e magro.
“Mangiari di strada” è in via Lorenteggio 269, tra i palazzoni Nielsen e Vodafone. Uno stradone che non invoglia al consumo consueto, in strada appunto e forse proprio per questo messo tutto dentro una scatola magica. La scatola è di Giuseppe Zen (e di due soci), una breve chiacchierata e capisco subito che non è zen manco un po’. Ma è un sognatore, uno alla ricerca del boccone perfetto (confessa che sono molti quelli che hanno provato ad affiancarlo in cucina, senza successo, negli ultimi 3 anni). Mi piace tanta determinazione, mi ispira fiducia immediata. Mi racconta del lampredotto, “ne avrò mangiati 300 per capire come doveva essere il mio”. Un giro in cucina, uno in dispensa e mi sento già a casa. Tirano la sfoglia a mano tutti i giorni qui, impastano, spadellano, cucinano di gran carriera, ci mettono tempo, fatica e attenzione. Ci sono piatti che hanno bisogno di ore e ore per venire perfetti. Per scelta il locale è aperto solo a pranzo, ma Zen e i suoi sono felici così, hanno tempo (non molto a dire la verità) di andare a selezionare il buono che poi ci fanno mangiare.
Fisso con sguardo languido l’elenco dei piatti caldi del giorno: trippa alla fiorentina, guanciola di manzo brasata, coratella di agnello con uova, ragusano e cicoria, musetto di vitello arrostito con purè, i bellissimi bolliti misti, lo stoccafisso brandacujun con la polenta macinata a pietra al forno, le polpette, il cous cous integrale biologico con le verdure, i canederli di pane di segale, radicchio e speck al pomodoro e basilico, la parmigiana di melanzane, l’insalata di trippe, pomodori e fagioli spagna, la torta di verdure, insalata tiepida di verza arrosto, la testina di vitello con salsa verde, e quella su cui indugio di più una degustazione di Castelmagno d’alpeggio. Dei dolci riconosco da lontano un gigantesco torrone bianco alle mandorle, la torta di mele, il salame di cioccolato.
Spesa totale 15 € per un panino col lampredotto (6,50 €), una birra baladin (3,50 €), chips in sacchetto (4 €) e 1 caffè (1€).
Parlando di cibo di strada quindi, vi sembra che nel menù di “Mangiari di strada” ci sia tutto? O manca qualcosa che vi piace parecchio e vorreste trovare più spesso in giro anche lontano dal luogo d’origine? Io da buona umbra ho segnalato la mancanza del panino con la porchetta. Voi che dite?
[Crediti | Link: Mangiari di strada, immagini: Facebook]