Età media 30 anni, sorriso accogliente all’ingresso e omaggio di biscottini della casa come buona notte. In mezzo, eleganza e voglia di fare, anche di strafare, però genuina. L’ingresso del Magnolia di Cesenatico (FC) cancella in 3 mosse il grado zero del fascino di negozi, bar e macchine che sfrecciano su viale Trento: cosa non comune nemmeno nei ristoranti gourmet.
I piatti. Il mio approccio all’alta ristorazione ha un mantra: menù degustazione per cibo e vini, sempre e comunque. Dimmi tu cosa mangio e bevo. Siamo a Cesenatico – terra di mare e pirati di montagna che hanno incantato l’Italia sui pedali – e nel piatto arriva esattamente un mix di cucina di pesce estrosa e spregiudicata. Nel Riso alla pescatora Kellogg’s vedi un guizzo del talento inquieto di Alberto Faccani che in questo caso pecca di originalità senza controllo. Qualche dettaglio nei piatti risulterà imperfetto senza peraltro intaccare la gradevolezza complessiva del percorso. Divertenti gli Snacks iniziali, da ricordare Brioche al vapore, brodo di canocchie e tartufo (il brodo che bontà!), da incorniciare la golosa Bruschetta liquida con insalata di calamari tostati, vongole e carciofi.
I Passatelli con lumachine di mare, finocchietto e profumo di limone appagano e lo farebbero di più alleggerendo la preparazione, Sgombro affumicato, budino di zucca e salsa di fegato grasso è un piatto su toni grasso-dolci che mangeresti a colazione-pranzo-cena e Triglia Club Sandwich un’inattesa delizia con retrogusto oleoso. Sbavatura perdonabile di un piatto che comunica l’anima del luogo.
I dolci. Dedicare uno spazio della cena al doppio dolce, come previsto dal menù, è un’ottima idea. Il Biancolatte (variante zuccherosa del sapore-non colore celebrato dai risotti di Pier Giorgio Parini, chef del Povero Diavolo di Torriana) è ghiotto, ben pensato e realizzato meglio, buona la Crema catalana alla vaniglia con sorbetto di uva fragola, ma è L’Inverno.. versione dolce a stupire: 11 ingredienti che ho appuntato a futura memoria (yogurth greco, crema alla cannella, noci e nocciole caramellate, biscotto alle mandorle, polvere di castagne, polvere ghiacciata di cioccolato, spugna alle nocciole, albicocca secca, cerfoglio e finocchietto, polvere di meringa) e una presentazione che suona così: “sono figlio della tecnica e delle polverine, ho girato e studiato dolci che mi somigliano, tu provami e capirai che non invidio niente a nessuno”. Servito sul coperchio di vetro di una scatola piena di foglie e natura morta fa una figura trionfale. A descriverlo si richia una snervante lista di frasi fatte e sdolcinate che poco direbbero della reale bontà. Certi piatti sembrano preparati a 4 mani da San Tommaso d’Aquino e Aiazzone: se non li provi, non credi.
Il vino. I 7 vini proposti al calice in abbinamento sembrano scelti daun sommelier democristiano: accontentano chi impazzirebbe in assenza di Cuvée Prestige Cà del Bosco e Muffato della Sala 2006 Antinori, chi cerca l’autoctono (il caldo Albana Progetto 2 2007 Leone Conti e il più convincente Albana Rigogolo 2006 di Andrea Bragagni, quasi perseguitato da note di peperone giallo), chi la chicca (Trebbiano d’Abruzzo 2009 Valentini selezionato per il ristorante), chi “perché ho letto che il vino rosso va bene col pesce” (senza specificare quale rosso e quale pesce, ma il Pinot Nero 2008 di Terlano sarebbe andato bene più o meno su tutto senza infamia né lode).
Il conto. Ristorante non affollato e impeccabile tempistica nel servizio di piatti e bevande a corollario di una gran bella serata. I 75 euro del menù degustazione più ricco e i 35 per i vini al calice in abbinamento sono meritati fino all’ultimo centesimo.
[Immagine ambientale: Magnolia]