“Per essere perfetta le mancava solo un difetto”. Prima di tornare a La Pergola dentro di me sintetizzavo così, citando l’aforista Karl Kraus, la cucina di Heinz Beck. L’inappuntabile chef teutonico romanizzato da tempo memorabile e virtusamente inchiodato alle tre stelle e cinque forchette rosse della guida Michelin, vertice oltre il quale non è possibile spingersi nemmeno per gli altezzosi francesi. Invece, vivaddio, la cena sarà quantomai distante dalla monotonia, e sebbene la cifra dello chef resti una sequenziale perfektion, il mio tavolo registrerà tracce di umani saliscendi.
Nonostante il lusso e i suoi eccessi (a quale secolo appartiene il dress code che prevede la giacca obbligatoria?) la cucina prevale sul resto. Che non è esattamente marginale. Vedi vista fatata su Roma, l’illuminazione romantica (nemica dei fotografi), il decoro e il servizio. Per non parlare dei ricarichi su acqua e vino, che balzano agli occhi anche non volendo.
Opto per la grande degustazione da 9 portate, in carta a 210 euro, che, grazie alla disponibilità del maitre, personalizzo con qualche variazione. Pur seduto in uno dei ristoranti più costosi del mondo mi sorprendo per il foie gràs con mele, mandorle ed amaretti: perfezione assoluta di sapore. I celebri fagotelli “La Pergola”, ovvero la carbonara secondo Beck, si conferma il piatto icona di un cocciuto tedesco che appena arrivato costringeva il personale a full immersion post-chiusura per decrittare l’oggetto non identificato: la pasta, appunto. E l’incredibile merluzzo nero in crosta di ‘nduja su minestrone di verdure con trippette dove l’esplosivo sapore calabrese, abituato a spadroneggiare, recita da comprimario per esaltare merluzzo e minestrone.
I piatti che seguono confermano il ruolino di marcia dello chef, un rullo compressore da mitologia moderna dei ristoranti, appena scalfito dai trascurabili dolci, trascurabili per la vista e il palato. Un paio di incertezze nel servizio, non proprio in serata (piatto sbagliato per un commensale intollerante, e panico per una domanda sulla quantità di lievito usata nei pani) non pregiudicano il giudizio finale.
Vale a dire: il ristorante migliore di Roma.
[Crediti | Roma Cavalieri, Wikiquote, immagini: Giampierto Prozzo]