Facciamo subito chiarezza: la città dei tortellini NON è Bologna. Bologna è una città in cui si mangiano anche i tortellini, che sono uno dei perni della tradizione gastronomica, ma c’è ben altro. Mi sembra di vedere tra l’occhiuto pubblico qualche sorrisino: il ragazzo là in fondo con la maglia a righe e il signore con i baffi: lo so, pensate alle altre due “T”. Per oggi non ci saranno punizioni corporali, ma solo un giro obbligato alla scoperta della vera città del Tortellino: che non è poi una città ma un ridente paesino sulle rive del Mincio. Già, Valeggio.
A Valeggio ci sono due generi di negozi: le gastronomie Pasta Fresca che fanno i Tortellini di Valeggio e i ristoranti che servono copiose porzioni di Tortellini di Valeggio preparati nelle suddette gastronomie (ma anche in proprio). Oggi il vento soffiava le mie vele da quelle parti: ne ho contati 89274891273. Uno più uno meno.
Per un celta reggiano di stirpe gallica, tribù dei Galli Boi per la precisione, la sfida è irresistibile: cercare ed evidenziare le differenze con l’ombelico di Venere migliore del mondo, che come ognun sa è quello che si mangia a Reggio nell’Emilia. Per una cavalcatina nella galassia del Tortellino di Valeggio mi sono affidato al Cacciatore, di lunga tradizione tortellinifera conclamata da pannelli e striscioni, e una bella esposizione proprio all’ingresso a dire “mangiami”. Il Cacciatore è un localone da un milione di coperti, dall’aria strapaesana ma tenuta bene: alle pareti copie anastatiche della Domenica del Corriere e delle foto di Coppi e Bartali. La comanda però si raccoglie con palmare atomico.
La prima esperienza è quella del “sorbir” di tortellini in brodo. Per la verità questa preparazione – se la memoria non m’inganna – dovrebbe essere aggiunta di una misura di lambrusco nero: ma così non è non indago. Il Tortellino di Valeggio è grossicino, con sfoglia velo e ben cotta. Il ripieno è saporitone, di carne rossa: manzi vitelli maiale. Spezie ben percepibili, la noce moscata sopra tutto. La caramella resta sostenuta, forchettabile.
Poi li puoi provare asciutti con il burro, e li avrai un po’ più indietro di cottura e ben mantecati: il poderoso gusto del ripieno risalta meno che nella versione in brodo, e il condimento li rende un po’ più sdrucciolevoli.
Infine ecco la variante più classica, con il ripieno di zucca. Assai poco dolce, per dire meno dei tortelli alla mantovana, e ben sostenuto. Il calibro di questi Tortellini è più grosso, le bave più ampie, ma la sfoglia è sempre sottile. Si sposa bene con il burro, anche meglio di quelli di carne.
Prova superata: i Tortellini di Valeggio stanno bene in gara con quelli bolognesi, con tutte quella ridondanza di mortadelle, e quelli modenesi resi forti dal prosciutto. Pagano di un’incollatura gli anoli parmigiani, soprattutto quelli troppo delicati di solo formaggio. Ma con i Cappelletti di Reggio: piccolissimi, leggeri, delicati di carni bianche e buon Parmigiano Reggiano, no, non c’è partita.