Ci sono diversi modi di mostrare i muscoli, o tirar fuori i cogli**i che dir si voglia. Si puo’ urlare al mondo la propria capacita’ di stupire, in cucina come nella moda, o spararle grosse su un blog. Si possono tenere i prezzi alti, o spocchiarsi per selezionare solo clientela al vertice (che VIP non e’ piu’ di moda) . E ancora, si puo’ avere sede in Piazza della Scala a Milano (per dire). Poi c’e’ un altro modo, silenzioso. Da movimento verso la periferia. Con affaccio su un cavalcavia e un parchetto un po’ triste, frutto anche della fantasia di un Guccini, per esempio quello di Poveri bimbi di Milano. E magari ricavando un bel giardino, da dove non si sa. Misteri milanesi.
E’ duro quest’altro modo, qualche volta un pelo sbavato. Ma e’ dove sta La Brioschina.
Lo scintillante ingresso e la trasparenza attraverso cui si vede subito la cucina non corrodono la voglia di tradizione, tradita solo da qualche crasi di troppo sul menu (tortoccheri e’ proprio bruttino, ma anche cototrippa reclama la sua vendetta). Neanche il pastello oro dell’ambiente ci riesce, a corrodere, dico.
Menù in legno fronte-retro, dichiarazione di qualità indiscussa in basso a destra, e via che si va.
La confezione della zuppa di cipolle che arriva di antipasto (zuppa di cipolla di antipasto … matti, matti, matti) è proprio bella, tonda tonda in quel pane scoperchiabile e drogata senza inutili equilibrismi. Il pane alla fine lo lasci li’, scoperchiato, perché ti sei già riempito dell’altro, fantastico, portato ad allentare l’attesa insieme a un buon olio di oliva, abruzzese e mai timido. Meno indovinati i grissini, ma frega poco con quel pane e quella focaccia li’.
C’e’ un pianoforte dietro le spalle, su un piccolo palco che vorremmo tutti liberato dai tavoli non utilizzati. Non suona nessuno ma ci starebbe. Anche perche’ la musica diffusa, non inascoltabile, alla fine un po’ stanca, con i suoi loop morriconiani. Jazz o classica semi sconosciuta, quel vecchio post di Dissapore dimostra che il dibattito rimane aperto.
La vitovska 2006 di Zidarich accompagna gli antipasti e l’omaggio di cucina, ostrica calda con puntarelle (gulp e gasp).
Le orecchiette, un attimo lunghe di cottura, portano un bel colore verde brillante, uscito dalle cime di rapa e incattivito da peperoncino e aglio sottile, tostato e croccante. Poi l’aglio piace da morire, oppure si odia, quindi meglio non abbondare.
Da un Friuli all’altro, Podversic si presenta con il suo Kaplja Bianco 2003. Meno “puntuto” dei fratelli gia’ bevuti, non so se per l’aglio o se per effettiva maggior rotondita’.
Chiude la comanda il tortino di Domori con cuore di te’ verde, accompagnato da una granita che, dovrebbero quasi scriverglielo sopra, e’ da mangiare tassativamente con il cioccolato. Ma chiude davvero solo la cioccolata milanese, che non sapevo nemmeno esistesse … anzi no, chiude solo il dolcetto di saluto in take-away per la colazione del giorno dopo.
Conto inverosimile e attestato sotto i 60 euri (si, euri, no, non euro). Perla rara in Milano, pur con lievi sbavate. Si torna.
[Crediti | Link: YouTube, La Brioschina, Dissapore, Zidarich, Podversich, immagini: La Brioschina]