Tre le cose sparse da condividere coi fratelli dell’Internez, ho questa che temo mi costerà vari spernacchiamenti: giorni fa son stato ignominiosamente battuto da una custeleta alla milanese. Non l’ho finita e a mia discolpa posso solo citare la misura, 45 cm. Era la cosiddetta “orecchia d’elefante” anche se a me pareva più quella di un mammuth. Un disco di carne (lombata di vitello) fritto nel burro sul quale si era scaricata una stiva di pane grattuggiato cementato tipo Bostik dal tuorlo d’uovo. E per elevare un po’ il quoziente calorico, dopo accurata compressione fra i palmi delle mani, di nuovo alluvionato col burro rimanente.
Questa è la vera orecchia, le altre (la versione alta con la carne morbida, e tanto meno quella orbata della seconda dose di burro) son per degustatori fighetta.
Non ho domandato se il cane che ringhiava nei pressi della floridissima trattoria Al Garghet di Via Selvanesco 36, Milano, poco fuori la porta sud, si chiamasse Roberto Calderoli, e comunque non ricordo che mi abbiano chiesto il passaporto padano prima di entrare, ma è chiaro che nonostante i prezzi non proprio popolari, il locale fonda le sue fortune su una qual certa innervata milanesità. Almeno a giudicare dal menù.
Tornando alla custeleta, non importa se per tutta la notte nel mio colon si è inscenata la riedizione di un rombante concerto dei Blue Oyster Cult per l’occasione confluiti nei Metallica con Eddie Van Halen superospite alla ferraglia solista — ‘ché l’orecchia d’elefante preparata ammodino non è proprio cucina light — e nemmeno che per smaltirla abbia dovuto inaridire la falda acquifera di Milano.
Ciò che conta è che fossi abbastanza corazzato per mangiare quel gran pezzo di Milano nella sua versione più autentica. E anche se non son stato capace di finirla, oggi posso guardare voialtri fratelli dell’Internez dall’alto del mio nuovo status. E farmi beffe di tutti i discendenti del maresciallo Radetzky che con indicibile faccia tosta pretendono che la cotoletta alla milanese non sia altro che Wiener Schnitzel viennese en travestì. Vade retro, barbari austriaci.
[Fonti: Al Garghet, Wikipedia]