Ve n’eravate accorti? Senza dubbi e senza sensi di colpa, tizi sotto ogni soglia di impresentabilità, ma anche sopra, hanno fondato il partito del junk food mettendo all’indice noi, i gastrofanatici, definiti con disprezzo “intelletuali del cibo e nemici del divertimento”. Feticcio degli eversivi, un torvo autore del blog I Hate Milano e l’ironico giornalista Francesco Costa, è ovviamente il cibo spazzatura, del quale tracciano anche il Manifesto Ideologico.
Cosa dicono questi sovvertitori? Su cosa puntano per ripristinare l’assetto superato dalla spinta progressista imposta dai gastofanatici, primi tra tutti Slow Food?
“L’adorazione per il cibo zozzo è internazionale, cosmopolita, progressista, in opposizione al localismo che è tradizionalista, nostalgico e reazionario. La passione per il junk food è una grande scuola di divertimento, lontana dalle seriosità pompose e solenni dei fanatici della ristorazione, dai riti per iniziati, dai protocolli aristocratici del galateo, dai ridicoli cerimoniali di assaggiatura del vino”.
Eccolo qui, l’Internazionale della “mappazza” nel piatto. L’indistinto sapore/odore unisce, il masticamento mediocre ci rende uguali. Adesso avere le coliche tutti assieme è segno di democrazia. Non poteva mancare la dicotomica parentesi politica.
Mangi male e rutti con giovialità? Sei il vero progressista, quello che abbraccia gli alberi e le mortadelle Fiorucci.
Fai roteare il vino prima di assaggiarlo? Sei un reazionario terrorizzato dal progresso e che si rifugia nella strenue difesa della cipolla di Breme. Lo slow food addicted è un uomo – o una donna – triste, incapace di organizzare una pizzata con gli amici. Piuttosto preferisce rimanere in casa a rimirare la dispensa colma di uova celesti di germano.
Rampognare malamente i gourmet, attuale male assoluto del pensiero liquido, è lo sport preferito dai divoratori di hamburger. Sentite il blog I Hate Milano:
“L’aspetto che più mi fa incazzare di questi personaggi, è che demonizzando l’alternativa. Facendo passare per decerebrati tutti coloro che per necessità, più che per scelta, frequentano posti dove ci si può alimentare senza dissanguarsi. Salviamo il Mc Donald’s dal tritacarne dei prezzolati della filosofia slow food. Salviamo l’unico posto in città dove si può mangiare con poco e pisciare gratis.”
Cibo e deiezioni. Manca il sonnellino e le tre necessità basiche dell’essere umano sono a posto. Ora, non che l’alternativa alla multinazionale del junk food debba necessariamente essere Prada, ma ragazzi, la grande M in galleria Vittorio Emanuele è brutta! Piuttosto firmate petizioni per nuovi bagni pubblici.
Detto tra noi, i sostenitori del junk food mi sembrano noiosi almeno quanto i fan sperticati del cibo sano. Anche nelle regole fondanti del loro movimento.
“La realtà è che ci sono moltissime ragioni per andare matti per il cibo dei fast food. Innanzitutto è buono. Buonissimo. Sono fantastici gli hamburger, sono meravigliose le patatine fritte, ma anche gli anelli di cipolla fritti e insomma, avete capito. E poi: i fast food ci piacciono perché ci piace mangiare con le mani. Perché ci piace mangiare di fretta, altro che slow: abbiamo un sacco di cose da fare e ne siamo entusiasti”.
Vabbè, 4 righe per dirti che ti piace l’Umami e che non puoi fare a meno del gusto fritto con attorno qualcosa. Le sensazioni gusto-olfattive piallate non aiutano a discettare. Ma non del cibo, nella vita in generale. E poi l’operazione di pulizia post pranzo comporterebbe sì molta perdita di tempo. Pensate solo alle vostre unghie trasformate in micro depositi di briciole e salsa ketchup.
Ora non so voi, ma io a Milano ho vissuto sei anni. Almeno un pasto al giorno lo facevo fuori casa e rientravo nella categoria della generazione 1000 euro. Le mie analisi sono (ancora) buone e non ha dilapidato il mio stipendio pranzando sulla terrazza della Rinascente.
Come ho fatto?
Con la schiscetta, ovvero la pausa pranzo fai da te. E’ tutta colpa della pigrizia. L’affettato tagliato al banco del supermercato e un panino quanto vi costano? Facciamo 4 euro? E il panino Mc? Uguale. Preferite il secondo? Allora sì, siamo dei gastrofascio intolleranti. Il minimo che vi tocca è rimanere in ginocchio sui ceci a guardare l’intera rassegna cinematografica di Slow on Film. Anzi tutto il giorno a vedere Le Rupi del Vino del maestro Ermanno Olmi.
[Crediti | Link: Il Sole24Ore, I Hate Milano. Immagine: iStockphoto]