Cambiare le abitudini alimentari degli americani a partire dalle scuole. Okay, suona arrogante, specie se chi si è messo in testa di farlo è un inglese. E siccome l’inglese è Jamie Oliver, giovane, bello, milionario, cuoco-celebrità se ce n’è uno, che lo faccia per tornaconto personale è più che probabile. Ma oltre a essere una forza della natura, Jamie Oliver ha coraggio da vendere. Nel 2005, è stato lui a ottenere dal governo i fondi per riformare le disastrate mense scolastiche inglesi. E ora che vuole redimere gli Stati Uniti con la nuova serie televisiva Food Revolution, in onda sulle rete ABC, da dove ha cominicato secondo voi? Proprio dalle mense scolastiche, dove i bambini formano le loro abitudini alimentari.
Dio solo sa quanto le mense scolastiche italiane avrebbero bisogno degli ormoni di Jamie Oliver.
Chi ha seguito le vicende di Milano Ristorazione, il servizio mensa delle scuole elementari e infantili di Milano, conosce le proteste dei genitori, tipo lo «schiscetta day» (il pranzo portato da casa) o la «dieta in bianco» (la pasta senza condimento nel timore di guai peggiori). Ora scendono in campo anche le maestre, che intervistate dal Corriere della Sera, hanno bocciato senza appello il servizio delle mense scolastiche milanesi. Gli aggettivi più ricorrenti? “In declino” e “immangiabile”.
Come ha risposto Michele Carruba, presidente di Milano Ristorazione? Definendo le mamme “facinorose e strumentalizzate politicamente”, e le maestre, beh, le maestre “imparassero a fare bene il loro mestiere…”
Un tempo le scuole materne e elementari avevano la loro cucina, governata da una cuoca che al pari delle maestre, conosceva i gusti e i nomi dei bambini. Capitava che quella cucina servisse anche la scuola vicina, ma era una rarità. Può darsi che fosse uno specifico di noi italiani, gente che per fortuna prende l’atto di mangiare molto seriamente.
Ora, la domanda è la seguente: siamo sicuri che appaltare il servizio di mensa scolastica a società esterne tipo Milano Ristorazione abbia migliorato la situazione?
Visto che tra l’altro, i costi per i genitori non sono diminuiti, non è meglio che l’appetito dei bambini venga soddisfatto da qualcuno che conoscono, e che si interessa realmente al cibo che mangiano?