Immaginatevi questa scena: Joe Bastianich, il serial restaurateur italo-americano reso celebre da Masterchef, chiede il 740 a Davide Scabin. Non il 740 in senso fisico, ma la contabilità spiccia del Combal.Zero, il ristorante che lo chef noto anche per le apparizioni a La prova del cuoco, gestisce a Rivoli (TO). Bastianich lo ascolta e perplesso domanda: “scusa, perché lo fai?”
Il curioso siparietto è riportato oggi da Food24, neonato canale food del Sole24Ore che segue di qualche giorno il neonato canale cucina del Corriere (dal che qualcuno dotato di affilata perspicacia potrebbe dedurre che il cibo sta tirando), in un post sulla diffusa impressione che i cuochi stellati si arricchiscano alle spalle di fresconi disposti a spendere molto per una cena-status symbol.
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Impressione fallace, dice Food24. Anzi, sarebbero soprattutto gli chef proprietari di ristoranti pluristellati a non essere ricchi. Malgrado la visibilità addirittura parossistica, le spese di affitto e manutenzione, soprattutto del personale, renderebbero faticoso far quadrare i conti.
Vediamole allora queste spese, una per una.
CIBO.
A parlare è Stefano Ettore Bocchia, chef del ristorante ospitato nel lussuoso hotel Villa Serbelloni di Bellagio, una stella Michelin. “L’incidenza del cibo sul conto di fine cena è del 22%, ma può salire di un ulteriore 5% se non stai attento a fare la spesa, alla stagionalità del branzino a seconda della sua provenienza”.
PERSONALE.
Secondo Scabin il personale arriva a coprire il 60% del conto finale. Perché i ristoranti pluristellati si strutturano per avere “il locale pieno tutti i giorni a dispetto del flusso reale dei clienti, diversamente dagli altri organizzati per un’accoglienza al 60%; se il locale si riempie, i tempi di attesa si allungano“. Bocchia invece abbassa la soglia tra il 47 e il 55% ma si lamenta per gli straordinari, “perché in nessuna cucina bastano le otto ore al giorno“.
Gli stagisti aiutano, ma meno che altrove. Precisa Moreno Cedroni, chef due stelle Michelin del ristorante La Madonnina del Pescatore, a Senigallia (AN), incluso nel giugno scorso tra i 10 migliori locali di pesce in Europa dal Wall Street Journal: “mentre i nostri colleghi francesi e spagnoli hanno le cucine piene di stagisti, noi abbiamo un tetto pari al 10% del personale a tempo indeterminato. La paga invece deve essere adeguata al mercato estero, vale a dire 1/3 di uno stipendio base, altrimenti non trovi ragazzi disposti a fare la gavetta da te”.
VINO.
Per il vino che ha un’incidenza sul fatturato prossima al 30% non vale sempre la regola aurea del ricarico triplicato. Dice Raffaele Alajmo, che insieme al fratello e chef tre stelle Michelin gestisce le Calandre di Padova, oltre a un piccolo impero gastronomico (3 ristoranti, 3 bistrot, un alimentari per gourmet e il caffé storico Quadri di Venezia): “Noi abbiamo un prezzo minimo di 30 euro, diciamo che se fosse un vino da 5 euro lo ricaricheremmo per 6. Se paghiamo una bottiglia 100 euro fuori Iva, la proponiamo a 240 al massimo“.
COSTI NASCOSTI.
Ci sono poi i costi che noi clienti non percepiamo immediatamente. In questo caso l’elenco può essere lungo e molto vario: alloggi e pasti del personale, cristalli da rimpiazzare continuamente, fiori freschi, profumi d’ambiente e saponi disegnati per il locale, uniformi completate dalle cravatte di Marinella, persino i toner per stampanti che costano 700 euro l’uno. “Quando hai 8000 euro all’anno di spese di cancelleria e vedi che sono proporzionali al numero dei coperti, li spalmi per forza sul food cost“, chiarisce Scabin.
PREZZO DEL MENU’.
Qual è il contrappasso per chi si accomoda al tavolo di questi ristoranti?
Alla Madonnina del Pescatore il menu più costoso si paga 130 euro per 12 portate; ce n’è anche uno da 60, ma Cedroni dice che non funziona granché perché il cliente di questi ristoranti, spesso disposto a sobbarcarsi un lungo viaggio, vuole soprattutto godersi un’esperienza gastronomica.
Scabin propone 15 piatti diversi a 160 euro, solo la sera. Basta fare due conti per scoprire che il prezzo a portata supera di poco i 10 euro, stile trattoria.
Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena, oggi probabilmente lo chef più apprezzato d’Italia, fa 13 portate a 180 euro. E spiega: ” Ho solo 11 tavoli per mantenere un certo rapporto con i clienti, per coccolarli”. Il numero dei coperti non è un dettaglio secondario, locali di questo tipo non possono abbassare i prezzi e far entrare più gente, rischiano di snervare i clienti con il rumore.
Siamo comunque distanti dai 360 euro del più costoso ristorante francese, l’Arpège di Alain Passard a Parigi, o dai 330 del Restaurant Pic di Anne-Sophie Pic a Valence.
Il quadro non sarebbe completo senza dire che i nostri migliori chef i soldi li fanno con consulenze, sponsorizzazioni e programmi televisivi. Spesso ripagano così i conti in rosso dei ristoranti che non permetterebbero di mantenere aperte le cucine.
Ora scusate, tornando alla scena iniziale del post, cioè alla resa dei conti tra Joe Bastianich che chiede il 740 a Davide Scabin, sapete qual è stata la risposta dello chef piemontese al Restaurant Man che presto rivedremo in Masterchef Italia?
“Lo faccio per passione, la passione di chi ci ha messo una vita dentro, e rischia da solo, senza investitori, tutti i giorni”.
Sarà stato sincero fino in fondo? E pensare che qualcun altro, prima, aveva scritto che le forchette d’oro macinano milioni.
[Crediti | Link: Food24, Corriere Cucina, Dissapore]