Dopo l’atomica mollata da Striscia la Furbizia con l’intervista alla signora Stazio ieri sera, la prima idea che mi ha tolto il sonno è stata questa: scrivere il Decalogo delle Cose Da Fare e Da Non Fare per vecchi e nuovi cronisti del gusto. Perchè io due o tre regole le ho in mente, nel mio piccolo orticello di indegno scribacchino di Tavole: Primo, parlare solo di quello che assaggio. Secondo, parlare solo di quello che pago. Terzo, e sempre valido, prima provare, poi parlare. Ben prima di me l’Alto Magistero di AA Gill ci aveva insegnato con l’inimitabile sagacia molto british: “Never accept a free meal, or waitress“. Che non richiede traduzione.
Invece, chiedere a un ristoratore o a un cuciniere se ha mai offerto un pranzo a un critico, magari aspettandosi benevolenza, è come chiedere se tua moglie ti ha fatto le corna: No! è l’ineluttabile risposta. E pensare che l’opera del critico potrebbe essere enormemente utile, sia per avventore che per il ristoratore: che il solo progresso sostenibile è quello che nasce dal confronto.
Dunque approfittando di questo palcoscenico privilegiato dove s’affacciano appassionati e ristoratori o cucinieri di gran vaglia, possiamo tentare di raccogliere indicazioni utili da una banda e dall’altra, che nel merito vendette e vendettine non m’interessano nè poco, nè punto: ma le istruzioni per l’uso, sì.
Io, che vado con il mio moleskine e la mia digicamerina senza far nulla per nascondermi ma senza alcuna inclinazione all’ostentazione, che sono incapace di dire che mi piace una cosa che non mi piace, che se mi chiedono Per chi scrive dico la verità, Sono solo un appassionato, ho detto le mie. Sotto a chi tocca.