Domanda semplice ma insidiosa: a noi italiani la cucina di ricerca piace davvero? Aspettate, vi aiuto a visualizzare: tra una pizza Margherita e una Pomodori speziati al forno, mozzarella, misticanza di erbe e fiori eduli (di Giancarlo Casa, pizzeria La Gatta Mangiona, Roma), quale scegliete?
Rispondete a istinto, senza pensarci troppo. O Ancora: tra una Carbonara ricetta originale e uno Spaghetto di mare mantecato con crema di prezzemolo, ostriche frullate e uova di pesce volante (di chef Luciano Monosillo, Pipero al Rex, Roma, cosa preferite?
Galvnizzata dal recente scambio con un amico esperto, alzo il tiro e affermo che:
1) Apprezzare la cucina di ricerca in Italia è più una posa, un atteggiamento che può tornare utile per tirarsela con parenti, fidanzate e amici. Alla fine, Cacio e Pepe, Coratella e Lasagne hanno per noi un valore affettivo irrinunciabile e rimangono la nostra prima scelta.
2) Conseguenza e prova di questa realtà è (forse) la presenza italiana numericamente sempre più modesta nelle classifiche internazionali dei ristoranti migliori, vedi la recente “San Pellegrino World’s 50 Best Restaurants”.
3) E non parliamo di quanto siamo bravi noi italiani a sfruttare l’impatto mediatico della cucina, senza che a questo segua un concreto coinvolgimento istituzionale a incoraggiare imprese, cuochi e ristorazione.
Nel breve video qui sopra c’è la versione romanzata di una storia vera che riassume la questione: da Pipero, ristorante dell’Hotel Rex di Roma, patròn e cuoco si trovano costretti a ipotizzare la cancellazione della carbonara dal menù. Il motivo? La maggioranza dei clienti non vuole che quella e il giovane e talentuoso cuoco minaccia di fuggire lì dove cucinare con un pizzico di creatività venga apprezzato.
Insomma, è davvero così? Noi italiani siamo attaccati alla tradizione in cucina come Linus alla sua copertina? Ditemelo voi.