Per anni, io e i miei amici appassionati di hamburger senza sensi di colpa (non le polpette di carne congelata con cipolla disidratata a lungo sinonimo di fast food) ci siamo sentiti strani. Oggi abbiamo capito perché. Oggi che l’hamburger non è più solo unto, insano e globalizzato ma buono, possibilmente pulito e giusto, e venduto in un numero crescente di locali chiamati amburgherie (M**Bun, La Granda, Ham Holy Burger…).
Anzi Burgherie.
Che a Torino sono già due. Menu striminzito (3 hamburgher fissi, più un “protagonista” che cambia settimanalmente), birre industriali ma non troppo (Theresianer, Riegele, Franziskaner), carne orgogliosamente irlandese (la solita fassona piemontese è troppa magra, dicono) almeno fino a quando non alleveranno le loro vacche di razza charolais. Particolare rilassante: niente discriminazioni di portafoglio, a differenza di locali analoghi, negli ultimi mesi nati come funghi a Torino, Milano e Genova i prezzi sono alla portata di tutti.
Discorso a parte per le patatine fritte.
Doppia frittura, alla prima segue un riposo in frigo di 8/10 ore, all’altra un trattamento aromatizzante con 5 spezie diverse. Ci sono voluti 3 mesi per trovare la patata perfetta, sempre tagliata a mano, con il quoziente di amido necessario per limitare l’accesso all’olio di arachidi, scelto perché ha il punto di fumo più alto. Risultato: lasciano basiti tanto sono croccanti. (Alla Burgheria rivendicano la superiorità del fritto con il metodo belga –altrochè french fries, secondo loro– usato fin dal 1781, allorché i valloni sostituivano i piccoli pesci della Mosa, introvabili d’inverno, proprio con le patate.
Nel negozio-miniatura di via delle Rosine, che viste le dimensioni vincola al take-away (l’altro è più grande con sedute, tavoli e giochi per intrattenere i bambini), ho testato il Baconburgher, preferendolo al protagonista della settimana condito con salsa di carciofi, autoprodotta come tutte le altre.
Buona la carne cotta 3 minuti per lato con tanto di cronometro, ma la fassona, bisteccosa e ben cotta come da HAM a Milano, invita di più. Stuzzicanti gli altri ingredienti, specie i formaggi, gorgonzola, edamer e fontina, o i singolari cetrioli tedeschi.
Infine il pane. La biovetta migliore mai abbinata a un hamburgher. Questa non è un’opinione, è una celebrazione. Sfornato ogni giorno in un piccolo forno di via del Carmine usando ottime farine e olio d’oliva, appartiene agli stessi giovani e intraprendenti italo-sloveni che hanno realizzato la Burgheria.
[Crediti | Link: Dissapore, Burgeria, immagini: Andrea Soban]