Oltre alla sequenza di case allineate sul canale e colorate come Smarties, senza scordare i molesti venditori di merletti, sull’isola di Burano, in Veneto, c’è un locale storico che si chiama Da Romano. Così, senza esagerare. Beh, non ci crederete, ci ho mangiato 2 volte e 2 volte mi è stato servito il miglior risotto mai provato. Sempre lui, modellato con l’aiuto di un piccolo pesce dall’aspetto mostruoso che naviga nelle acque della laguna e si chiama ghiozzo, anche se tutti Da Romano lo chiamano go, risotto di go. Con il go si fa un brodo meravigliosamente saporito, dentro il quale va cotto il riso. Siccome voglio replicare il risotto a casa di un’amica, chiedo ai Barbaro, la famiglia che gestisce il ristorante dall’inizio del secolo scorso, se devo usare la polpa del ghiotto. No, la sgraziata creatura dal profumo incantevole serve solo a insaporire il fondo di cottura insieme ad aromi semplici, sedano, cipolla, un po’ d’aglio, alloro e qualche gambo di prezzemolo.
Il risotto di go è una meraviglia per diversi motivi. Favolosamente bianco, ha un sapore delicatissimo, io solo so quanto mi merito la miniera per non aver chiesto che riso usano Da Romano, perché dopotutto è quello che prevale su tutto. Con gesti lenti e rituali, un anziano cameriere in giacca bianca lo schucchiaia nei piatti caldi, formando un cerchio perfetto che esalta il candore dei grani evidenziato dal trito di prezzemolo.
Ecco come ho replicato il risotto di go.
Porto il riso a un buon punto di cottura ma senza mescolarlo continuamente. Così mi è stato detto di fare, e seguendo il rigido copione non aggiungo nemmeno il brodo quando il risotto pare asciugarsi. Ecco, ora arriva la fase finale, la mantecatura, quella che cambia veramente le cose. Aggiungo brodo, burro, Parmigiano Reggiano, mescolo vigorosamente con un cucchiaio di legno così i chicchi assorbono i grassi dei due ingredienti fondendosi con l’amido, il riso diventa una massa omogenea e cremosa. Saltare la mantecatura è il motivo per cui molti risotti falliscono miseramente rovinati dalle infiltrazioni del brodo che affonda nel riso senza trovare resistenza.
Poi, come d’abitudine, aggiungo un bicchiere di vino bianco, alzo il fuoco sotto la pentola e mescolo in continuazione fino a quando il riso assorbe il vino.
Già stati Da Romano a Burano? Conoscete il ghiozzo, mai mangiato? Non sono un cuoco, non mi giudicate troppo severamente, e comunque, vi vengono in mente altri modi per fare il risotto di go?