1987. Dlin dlon. Suona alla porta di Starbucks Howard Schultz, allora proprietario di una torrefazione.
Schultz, di ritorno dall’ormai celebre viaggio a Milano, dove ha studiato la “magnifica rappresentazione teatrale che va in scena ogni volta che in un bar italiano viene servito un caffè“, compra i 6 negozi di Starbucks, e travolge gli Stati Uniti con una nuova idea di caffetteria: prodotti di qualità, ambiente rilassante, un posto dove potersi incontrare che sia di tendenza.
DOVE E QUANDO
Venti anni e 23.000 negozi dopo, Howard Schultz porta Starbucks in Italia “con umiltà e rispetto” come segnalato dal sito ufficiale: Milano a inizio 2017, poi a ruota Verona e Venezia (sono le tappe di quel famoso viaggio in Italia che ha cambiato la sua vita).
Stop ai temporeggiamenti, ai rinvii, alle fughe di notizia con smentite, stavolta è stato il numero uno della catena di caffetterie in persona a ufficializzarlo in un’intervista data al Corriere della Sera.
CHI
A seguire il progetto Italia di Starbucks sono in tanti. I più operativi: l’americano Kris Engskov e soprattutto l’ex calciatore del Cesena e ora imprenditore Antonio Percassi, 62 anni di Clusone, presidente dell’Atalanta, specializzato nell’espansione di grandi centri commerciali.
Ci sono poi Aldo Lorenzi, artigiano milanese dei coltelli venerato da Schultz, Brunello Cucinelli, imprenditore toscano del cachemire e Renzo Rosso della Diesel.
COME
Il presidente di Starbucks non è stato avaro di anticipazioni, specie sul negozio milanese.
Fortissima l’impronta di design, musica selezionata ad hoc grazie alla partnership con Spotify, angolo per il food made in Italy con un partner tenuto segreto: difficile che sia Eataly, più quotata una collaborazione con la società che gestisce Autogrill e che già collabora con Starbucks in alcune stazioni e aeroporti.
Luogo d’incontro per chi lavora, per i turisti, per i giovani, con una buona connessione wi-fi e un caffè speciale, una miscela premium, ricca e forte come il capoluogo lombardo.
PERCHE’ (SOLO ORA?)
Per Starbucks si tratta di una vera sfida, visto che nel mercato italiano il 90% delle caffetterie sono indipendenti, e finora i colossi internazionali non hanno sfondato, vedi il caso di McDonald’s McCafe. Mettiamoci che con 2.400 punti vendita l’Europa non rappresenta uno dei mercati principali per Starbucks, entrata in Gran Bretagna nel 1998.
Ma Schultz e i suoi, forti di un gruppo con 19 miliardi di dollari di ricavi, cresciuto del 17%, vuole che le caffetterie di Starbucks diventino protagoniste della vita italiana. “Per riuscirci siamo pronti a creare occupazione, a investire milioni di dollari nel vostro Paese“.
[Crediti | link: Corriere della Sera]