Sono nato a Catania. E in quanto catanese, mentre fuori infuria l’arsura, per me non c’è soluzione altra al reagire a quest’inferno espresso in Celsius che con il sogno del Chiosco della mia città, u’ cioscu, anzi, ancora meglio, u’ciospu, per un seltz limone e sale.
Non sapete cos’è il Chiosco catanese? Il Chiosco è un rituale e una poesia. Per dirla con i termini di un grande paroliere, il Panella degli ultimi e sperimentali album di Battisti, del Notre Dame de Paris di Cocciante: “non ha vissuto chi non sa che cos’è un chiosco delle bibite a Catania… E ce ne sono cento… E tu ti ci avvicini, portando il tuo deserto sulla lingua, e un principio di incendio tra i capelli… E senti il ghiaccio spezzarsi come il cuore di un ghiacciaio, per te che quasi fuso passi… E senti la frutta spasimare e liquefarsi in succo… Così è… Allora sì che è estate, l’estate passionale a Catania, quando tutta la tua umana sete ti assale.”
In termini più concreti, il chiosco è una mescita di bevande. Analcoliche eh, anzi chiamiamola col suo nome: è una rivendita di bibite. Ma non di bibite qualsiasi, non stiamo parlando di tè freddi e cocacole, no. Il chiosco è erede degli acquaioli borbonici del Regno di Napoli, e serve quello che può essere considerato l’omologo sicilianizzato delle aguas frescas messicane, il frutto di una radice ispanica antica che ha incontrato nell’arsura del clima etneo il substrato ideale per sbocciare e farsi consuetudine circostanziata.
Il chiosco catanese è dove trovano refrigerio bande di anziani sedute all’ombra degli alberi nelle piazzette, che tra una briscola in cinque e una partita a scacchi si vanno a rifare la bocca. Al chiosco si fermano mamme e bambini, che indicano con le ditine le bottiglie variopinte di sciroppo e rubano con gli occhi le buste di patatine con sorpresa, frugando oltre i boccioni ricolmi di amarena al frutto. Ci vanno le comitive di ragazzi a petto nudo, con le fidanzatine abbrancicate dietro dall’altro della sella dei cinquantini, a bersi “un bicchiere d’acqua” tornando dalle giornate acerbe e spaccone passate sui lidi rocciosi del lungomare. Ci vado anche io, e sempre chiedo: “maestru, m’a fa n’acqua seltz?”
Gli ingredienti
Il seltz è l’anima di tutte le preparazioni del chiosco, tanto è vero che tutta la categoria delle bevande che vengono preparate nei chiosci, non importa quanto arzigogolata possa essere la miscela di succhi, granite e frutti sciroppati che contengono, può essere genericamente definita dai catanesi “acqua seltz”. Il seltz è esattamente quello che si potrebbe immaginare: acqua frizzante, fredda, spinata da appositi rubinetti direttamente dentro i bicchieri di miscelazione. Non chiamatelo “soda”, né “acqua gassata”, e non illudetevi che il seltz catanese abbia niente a che vedere con il seltz spillato da qualsiasi sifone di qualsiasi altra città: a Catania il seltz sgorga dai rubinetti dei chioschi con uno schiocco secco di acqua sorgiva e viva, gorgoglia roteando contro le pareti dei bicchieri liberando un’effervescenza di migliaia di bollicine saltellanti oltre l’orlo dei vetri, viene modulato dalla mano del cioscaro fino a riempire il recipiente, sfumando alla fine in un sibilo sottile. Ha una sua voce, che sapendo ascoltare è proprio la voce della città.
Il limone è il secondo elemento per importanza, immancabile in qualsiasi preparazione del ciosco: un chiosco catanese lo riconoscete da lontano, ancora prima di averne individuato la sagoma, dalla piramide di limoni gialli e profumati impilati in un angolo del baracchino; presi sistematicamente, uno per uno, tagliati a metà, spremuti nei bicchieri con gesti acrobatici da un apposito strumento (sorta di schiaccianoci, oggetto di tortura per agrumi) che, se altrove sarebbe visto quantomeno come curioso, a Catania è oggetto dei più familiari e consueti. Guardatelo, il cioscaro: prende il limone, lo taglia, ne inserisce una metà nella sua ghigliottina, ne spreme il succo nel bicchiere, apre la tagliola scartando la buccia esangue nell’organico, ripete. È una danza ritmica che dura al massimo cinque secondi, ipnotica, durante la quale si osserva rapiti il rito del demiurgo che infonde la vita nella sua creazione.
Gli sciroppi, apparentemente di importanza primaria, sono solo terzi per rilevanza nella cosmologia del seltz. Sembrano fondamentali perché rubano l’occhio: qualsiasi chioschetto esibisce almeno una ventina di bottiglie diverse, variopinte e lisergiche, dal verde acceso e dall’arancio fluorescente dei mandarini al marrone e al bruno di tamarindo e sciampagnino, dal purpureo ribollire delle amarene ai gialli di ananas e tropical, passando per il color smeraldo della menta, concludendosi infine nel lattiginoso biancore dell’orzata. Eccezione trasparente, incolore gemma nella faretra del cioscaro, l’immancabile anice puro. Prima di dare corpo e anima alla bevanda, l’alchimista dietro il bancone provvederà a miscelarli secondo ricette cristallizzate nell’uso o secondo l’estro del momento, li allungherà poi con il seltz, infine consacrerà l’unione santa con una bella sgricciata di limone.
Il sale, paradossalmente, è elemento fondamentale per cancellare la sete dell’estate araba della Sicilia orientale: miscelato con seltz e succhi, reintegra gli elettroliti. Non si usa in tutte le bevande (in genere si evita quando vengono usati gli sciroppi), ma in alcune è un elemento chiave irrinunciabile, in grado di fare la differenza. ll sale della Terra.
In base all’estro dei maestri chioscari, altri ingredienti sono poi entrati, negli anni, nell’uso comune degli avventori: il ghiaccio tritato, la frutta sciroppata o fresca, la granita di limone sono alcuni elementi “spuri” ormai facenti parte a pieno titolo del mondo dei chioschi; non esattamente tradizionali ma, se ben usati, potenzialmente molto gratificanti.
Le bibite
Ma adesso immaginiamo che voi siate a Catania, e vi imbattiate, per caso, nel primo chiosco della vostra visita. Cosa dovete chiedere? Cosa potete ordinare? Un menu ovviamente non c’è! Partiamo dalle basi: potreste, teoricamente, indicare uno qualsiasi degli sciroppi e farvelo servire; naturalmente miscelato con seltz e succo di limone… Ma in realtà, non lo fa quasi nessuno.
Gli ordini del Chiosco sono formulaici, appartengono a una specifica tradizione orale, si sviluppano secondo stilemi fissi e preparazioni ben definite. Ecco le principali:
Seltz, limone e sale: è l’ABC di tutte le acque seltz catanesi. Bicchiere di seltz, succo spremuto di quattro mezzi limoni, una puntina di sale marino girata in punta di cucchiaino fino a fare schiumare il tutto. Dissetante e digestivo, da bere in un sorso solo.
Speciale: un must fino a qualche decade fa, è quasi sparito (almeno come vocabolo) dall’uso comune dei riti del chiosco. Si compone di acqua, qualche goccia d’anice e limone spremuto.
Completo: versione “deluxe” delle preparazioni di base, aggiunge agli elementi dello Speciale l’orzata. Lo sciroppo lo rende più intenso e corroborante l’insieme, inserendo oltre agli elettroliti una frazione zuccherina che forse non aiuta la sete, ma di certo solletica la gola!
Mandarino al limone: lo sciroppo più richiesto – il mandarino classico, arancio, o nell’imperdibile versione “mandarinetto verde” – viene completato con limone spremuto (su richiesta anche “doppio”) per una bomba anti-sete! Da provare anche la versione con sciroppo di limone (Limone al limone), volendo completata da una puntina di sale: il Limone al limone e sale non è certo un seltz canonico, ma è il mio preferito e quindi eccolo qua.
Tamarindo al limone e bicarbonato: avete esagerato con gli arancini? Passando per la Piscaria siete incappati nel venditore ambulante di sanceli? Ecco la risposta: tamarindo al limone e una punta di bicarbonato, dolce-amaro-aspro-sapido e la digestione è servita!
Misto dolce, Misto aspro, Misto amaro: quando chiedete al cioscaro un “misto”, accompagnando la richiesta con la vostra preferenza in tema di gusti, vi starete affidando alla sua arte: preparatevi a vedere il maestru dimenarsi, versando nel bicchiere una serie di sciroppi in proporzioni variabili. È proprio nella preparazione di un misto, più che di ogni altra cosa, che si vedono la maestria di un cioscaro, la sua sensibilità gustativa e la capacità di creare una bibita varia senza farla diventare un beverone stucchevole.
Amarena al frutto/Ananas al frutto/Misto frutta o Mangiaebevi: si tratta di sciroppi conservati in boccioni di vetro insieme alla loro frutta sciroppata. Quest’ultima viene prelevata dal contenitore insieme allo sciroppo e aggiunta al bicchiere prima della diluizione con il seltz. Ordinare SE E SOLO SE vi piace il dolce spinto.
Bibita Hollywood: in realtà non è un’acqua seltz facente parte della tradizione condivisa dei cioschi, ma la specialità di un unico posto, lo storico (e scomparso) Chiosco Hollywood della Fera o’ Luni. Si presenta come un colossale bicchierone colmo di ghiaccio tritato, nel quale viene costruita una bibita stratificando una varietà di sciroppi e completando con un tocco di amarene al frutto, poi allungando il tutto con seltz e limone: la risposta catanese agli slushie americani. Nonostante il chiosco Hollywood non esista più, questa bibita è talmente famosa che se doveste chiederla in giro ad altri cioscari qualcuno, forse, ve la preparerà; se non proprio l’originale almeno qualcosa di simile.
[Immagini: Chiara Cavalleris per Dissapore]