A Sapri, in provincia di Salerno, ieri pomeriggio un cittadino è stato multato perché “mangiava un gelato“. Se non fosse che il Coronavirus ci ha abituati, da due mesi a questa parte, a verbali corredati da buffe motivazioni, questa sarebbe la notizia, di per sé. Il punto invece è che a Sapri, come in tutto il resto della Regione Campania e di qualunque altra regione preveda l’obbligo della mascherina, il take away, in italiano asporto, è regolato dal paradosso.
Almeno per quanto riguarda il cibo che, di norma, si consuma per strada: se possiamo immaginare di arrivare a casa con un bao integro, un kebab ancora commestibile e una pizza fritta non fredda, il gioco si fa duro per le coppette di gelato.
Accade che a Sapri, dicevamo, un uomo ha acquistato un gelato servito in coppetta, su un tavolo esterno al bar, servito all’interno di una busta. Poi si è allontanato dal locale, si è seduto su una panchina e si è messo a mangiare il gelato (togliendosi la mascherina, per forza di cose).
I vigili lo hanno multato; probabilmente avrebbero fatto lo stesso se questo signore, anziché sedersi su una panchina, avesse trangugiato cioccolato e pistacchio passeggiando per strada, perché il punto, come voi stessi potete constatare dal verbale rilasciato ieri pomeriggio, è proprio che l’uomo non indossava il dispositivo di sicurezza e “mangiava un gelato”.
Il take away a Sapri
Eppure il take away, a Sapri, pare più sicuro che altrove. Servire caffè e coppette su tavoli appositamente allestiti davanti all’ingresso è all’ordine del giorno lì, perché vendere cibo da asporto a un bancone è categoricamente escluso, in linea con le direttive regionali di Vincenzo De Luca. Ce lo conferma il sindaco della città, Antonio Gentile, che abbiamo raggiunto telefonicamente proprio oggi, in merito all’accaduto.
“I vigili non avrebbero potuto comportarsi diversamente, nemmeno se questo signore fosse stato a passeggio con il gelato, che avrebbe dovuto acquistare in una confezione che gli consentisse il trasporto fino a casa”. Insomma, il problema è del cittadino e i tavoli, fuori dai locali, sono approvati, unica soluzione alternativa allo stallo delle attività.
Le regole sono chiare: si esce da casa e lì si rientra con la mascherina indosso, nessuna deroga per mangiare, bere, fumare. Si può evitare di indossarla (ma bisogna averla con sé) se si sta svolgendo un’attività sportiva. E non c’entra se si è soli o accanto ad altri.
Di certo, non importa se un cittadino si toglie la mascherina, temporaneamente, contribuendo di fatto al normale svolgimento di un’attività di vendita (ri-consentita per legge).
L’apertura di alcune attività, dopo il lockdown, ha reso il fatto stesso di recarvicisi concesso. Prima le mete possibili erano solamente supermercati, tabaccherie e farmacie, ora anche ristoranti, bar e pub che svolgono attività da asporto, purché il consumo non avvenga nei locali o per strada.
Tutto ciò, comprenderete, implica di fatto l’impossibilità di lavorare per una gelateria, con buona pace dei pochi clienti abituati ad acquistare un chilo di gelato in polistirolo.
I commercianti, dal canto loro, si sono organizzati per fare unione. “Abolire la competizione e incentivare la collaborazione”, come ci racconta Enzo Crivella, gelatiere di riferimento per il settore, a livello nazionale, che voi lettori di Dissapore conoscete benissimo. Per questo delicato momento, nonché da quando Vincenzo De Luca ha (finalmente) dato l’ok per il delivery, il 27 aprile, e il lasciapassare per l’asporto, dal 4 maggio, Crivella ha organizzato una sorta di “gruppo d’acquisto”, battezzato “-14” (la temperatura del gelato, ndr.), per limitare al minimo le spese necessarie dei colleghi, una decina di gelaterie sul lungomare cittadino.
L’obiettivo è acquistare, tutti insieme, ciò che serve per lavorare, ed evitare di darsi la zappa sui piedi a vicenda, chiaramente.
É proprio Crivella a commentare, insieme a noi, ciò che è accaduto ieri: “Mi rendo conto che i vigili facciano il loro lavoro, in ottemperanza a quanto stabilito a livello regionale, e comprendo anche che Vincenzo De Luca abbia le sue ragioni, conoscendo i pericoli che contraddistinguono il nostro territorio, quello spirito di “napoletaneità” per cui una concessione rischia di essere di troppo. Noi però, proprio non sappiamo come comportarci, la nostra vera paura è non avere riferimenti”.
La stagione si fa calda e i gelatieri di Sapri si preparano a intensificare il take away (che poi, il gelato, è take away per antonomasia), con molti dubbi e una certezza: coni e coppette sono un problema. Un po’ difficile, immaginare di poter lavorare così.