Popolare nei prezzi, ruffiana nei sapori, la cucina tex-mex, ovvero né propriamente texana né messicana, è una scoperta vera.
Dimenticate l’appiattimento dei nostri centri commerciali, quella roba lì è un’altra cosa. Visto che ci siete, dimenticate anche la pina colada da karaoke della domenica sera.
A Roma, il Messico a tavola e dentro il bicchiere finalmente non è più una caricatura.
Non da un mese a questa parte, da quando Roberto Artusio e Cristian Bugiada, rispettivamente soci di Jerry Thomas e Freni e Frizioni, due cocktail bar capitolini presenti nella nostra classifica dei 15 cocktail bar d’Italia senza rivali, hanno aperto la prima agaveria italiana in via Santa Cecilia 8,
La prima degna di questo nome, insomma, ovvero La Punta, dove il Messico protagonista assoluto.
L’agave è la pianta da cui provengono sia Tequila che Mezcal, liquori troppo spesso relegati al chupito pre-discoteca.
Ma l’agave merita di più: simbolo del popolo messicano, infonde nei liquori un sapore pungente, dovuto al solfuro d’idrogeno, che si esprime in mille sfumature.
Non a caso anche per l’agave si parla di “territorio”, fermentazioni che cambiano in base all’ambiente intorno alla pianta, di annate differenti, oltre ai vari tagli che si possono dare ai distillati.
Lo sanno bene i proprietari de La Punta (il nome della festa che le distillerie messicane organizzano per i visitatori), sette viaggi in Messico e una carriera nel mondo dei cocktail bar alle spalle.
Per rendere l’idea, Roberto si è tatuato la dea Agave sul polpaccio.
Quando siamo stati nel nuovo locale abbiamo trovato i lavori a un terzo dell’opera.
Per ora c’è un piano terra colmo di turisti, curiosi e, ultimi ma non da meno, gli appassionati della miscelazione fatta come si deve, circondati da luci colorate e teschi colmi di alcolici, opere contemporanee e murales.
“E’ la Città del Messico moderna, artistica, solare”.
Non formalizzatevi per i cocktail serviti nei sacchetti biodegradabili con tanto di cannuccia, sono una trovata divertente per ovviare al problema del bicchiere di vetro, che a Roma non si può tenere in mano fuori dai locali oltre una certa ora, o del bicchiere di plastica, che francamente toglie la voglia di sorseggiare un cocktail pagato minimo 8 euro.
Il primo che ci sentiamo di consigliarvi è il Tommy’s Margarita, con mezcal, lime e tequila.
(Tequila e Mezcal si ricavano distillando la stessa pianta, l’agave appunto, ma il Tequila è un tipo di Mezcal ottenuto nello stato di Jalisco da un unico tipo di agave, per il Mezcal, invece, si possono impiegare oltre trenta varietà di agave provenienti da sette zone del Messico).
Previdente l’idea di aprire una finestra sull’esterno, in prospettiva take-away estivo.
Devono aspettarsi un certo via vai, specialmente se si considera che i piani de La Punta sono tre, il secondo e il terzo sotterranei, come si addice a questo tipo di locali) e quasi tutto è ancora da scoprire.
Per le prossime settimane è prevista l’apertura del secondo spazio, con l’intenzione dichiarata di “diffondere la cultura della miscelazione”.
A differenza del piano principale, lì non serviranno né vino né birra: solo cocktail con distillati di agave. Scelta integralista, traslitterazione messicana del Jerry Thomas, cocktail bar romano del genere speakeasy improntato solo su basi alcoliche italiane.
Scendendo ancora, aumenterà il livello da maniaco dell’agaveria, con una sala degustazione che abbiamo visto in anteprima: molto intima, vagamente tenebrosa.
Quattordici posti riservati a incontri con i produttori, analisi sensoriali e racconti a tema da oltreoceano.
Dei proprietari va segnalata anche la buona intenzione di diffondere in Italia una consapevolezza da cultori dell’agave finora poco diffusa, e di raccogliere fondi per alcuni micro-produttori ben rappresentati negli scaffali del locale, affinché possano mantenere la scritta “100% agave” in etichetta, e la purezza della ricetta originaria.
Perché la crescita massiccia dei consumi negli ultimi anni, ha portato la quota di agave (la pregiata Weber blu) a scendere in maniera inversamente proporzionale al crescere della quantità di zucchero, che costa assai meno.