Cosa c’è nel primo Canapa Caffè aperto a Roma

A Roma il primo Canapa Cafè: oltre ad offrire prodotti con canapa alimentare, mette a disposizione spazi dove i pazienti con prescrizione potranno consumare la cannabis terapeutica in compagnia. La legislazione vigente è contro questa pratica e i fondatori rischiano 4 anni di carcere.

Cosa c’è nel primo Canapa Caffè aperto a Roma

La cannabis ha finalmente trovato a Roma un locale interamente dedicato.

No, fermi, non è quello a cui state pensando: toglietevi dalla testa l’idea di succosi festini e trasognate serate, perché non è niente di tutto questo.

E non si tratta nemmeno della canna che trovate a lato del vostro tavolo e che vi offre Philip Wolf, il primo sommelier della cannabis, nel caso decidiate di farvi servire un pasto dalla sua Cultivate Spirits (e di cui Dissapore ha già parlato).

Qui, infatti, si tratta di cannabis terapeutica.

Cannabis per curare, cannabis regolarmente prescritta dal Servizio Sanitario nazionale allo scopo di curare e essere d’ausilio in specifiche patologie per cui la stessa si è dimostrata essere di aiuto.

Nessuno sballo, nessun festino, quindi. Solo il diritto di potersi curare con il particolare “farmaco” regolarmente prescritto da medici abilitati, senza timori, patemi d’animo e sotterfugi vari.

Questa è stata l’idea di Luca Mantuano e Carlo Monaco, che hanno fondato a Roma il primo “Canapa Caffè”.

marijuana

Il particolare caffè, infatti, non solo offre nell’area shop prodotti a base di canapa alimentare –canapa cioè proveniente soltanto da aziende certificate che ne hanno reso inattivo il prinicipio psicoattivo THC– quali cosmetici, alimenti o abiti, oltre a essere provvisto di un lounge bar dove vengono serviti piatti a base di semi, farine e oli di canapa, ma soprattutto mette a disposizione una sala riservata a tutti coloro ai quali è stata prescritta, da parte di medici del Servizio Sanitario Nazionale, una terapia mirata a base di cannabis.

Questi clienti avranno anche a disposizione, nella sala per loro predisposta, le attrezzature necessarie per assumere la loro terapia nel modo migliore, quali ad esempio dei nebulizzatori che consentono di ottenere il meglio dal farmaco a loro prescritto.

Quasi una provocazione, pare, da parte dei due coraggiosi fondatori, che intendono in questo modo sfidare le contraddizioni vigenti nel nostro Paese, che da un lato riconosce il valore terapeutico della cannabis prescrivendone l’uso in determinati casi, ma nel contempo vieta di assumere la particolare terapia in luoghi pubblici, relegandone l’assunzione all’interno delle proprie abitazioni.

Prodotti a base di marijuana

In questo modo, i due titolari, che rischiano fino a 4 anni di carcere, vogliono offrire anche a questo particolare tipo di pazienti, tra cui loro stessi, la possibilità di socializzare e fare terapia oltre le pareti di casa propria, e soprattutto “di essere delle persone libere di curarci anche con metodi non convenzionali.

“Ci piacerebbe che il nostro progetto pilota sia seguito da altri in Italia, per dimostrare che chi utilizza questa pianta per motivi di salute non deve più nascondersi o sentirsi discriminato come se fosse un tossico. Associare il discorso droghe alle malattie è pregiudizievole ed errato. E noi vogliamo abbattere questo muro d’ignoranza”.

[Crediti: Repubblica, Huffington Post]