Sono anni che i napoletani osservano il lento inesorabile declino del Gran Caffè Gambrinus, che s’accompagna in maniera direttamente proporzionale alla superfetazione turistica nello storico caffè, spesso colmo come un uovo nonostate prezzi fuori controllo.
No, non è il solito biasimo sugli scontrini monstre, sull’irragionevolmente caro. Del resto, non mi vedo nemmeno il sindaco Manfredi dare degli straccioni per una sfogliatella too expensive to handle: a chi obietterebbe che, oltre che per la sua eleganza, Manfredi non cadrebbe in questi inciampi (perché nessuno lo hai mai visto banalmente camminare per Napoli), daremo un’immaginaria pacca sulle spalle, di solidarietà.
Qui siamo nell’ambito della total eclipse of the accoglienza, da uno dei luoghi più belli della città. Che beninteso, negli ultimi decenni ha goduto di piccoli miglioramenti estetici, almeno per quanto riguarda la scenografia esterna. Il dehors, appunto, è molto curato ed esteticamente all’altezza del contesto. Un ambiente che trasuda la storia che ha vissuto sin dal 1860. Anche gli interni, da sempre maestosamente eleganti e inimitabili, appaiono ultimamente più curati.
Ma, come diceva Einstein, tutto è relativo. E se proprio adesso all’interno non troverete più piccioni che volano – e no, non è un’allusiva metafora, in passato potevate proprio vedere dei piccioni volare all’interno delle sale in cui D’Annunzio e Marinetti hanno preso un bel caffé -, comunque potreste restare basiti.
Perché il problema del Gambrinus non si nasconde nei 49 euro 49 per quattro caffè, un estratto che non era tale, cinque pasticcini mignon, una santa rosa con crema chantilly e tre bottiglie d’acqua. Il problema del Gambrinus si cela, o per meglio dire si mostra urlando, in tutta una serie di antipatici intercorsi.
Poiché siamo dei donnini equilibrati e scrupolosi, e non ci fidiamo mai troppo delle nostre sensazioni, io e la mia ansia, non paghe di annose esperienze sempre sospese tra il demenziale e il deludente, siamo state al Gran Caffè Gambrinus due volte nel giro di pochi giorni. Inciso: Gran Caffè Gambrinus, come ci si riempire la bocca già solo nel nominarlo, Uanema d’o’ priatorio!
Se la prima volta, appunto, l’esperienza (…) ha sfiorato i 50 euro per una colazione per due, la seconda adibita alla prova dei lievitati è costata solo 13 euro. Da rifare, ma non troppo spesso: un caffè, un cornetto integrale, una brioche e una di quelle piccole deliziose bottigline d’ acqua in dose omeopatica (25 cl) che il Gambrinus ama servire. Se le prendi una volta di più al mese, sfori il budget annuale. Chissà che non esitano fondi del PNRR anche per potersi concedersi questo lusso.
Ma il punto non è davvero questo, quanto piuttosto nelle mille assurdità che fanno sorridere se non fanno salire l’amaro in bocca. O sarà un po’ di acidità dovuta all’espresso spesso bruciacchiato?
Sodeggiando, come potrebbe suggerire Sorrentino, osiamo dire che:
Camerieri urlazzanti
Il dialetto stretto fa folklore, ma non è tanto grazioso che i tanti camerieri in alta uniforme sciamino parlando tra di loro, sbraitado.
Il servizio
Forse per l’eccesso di chiacchiere o chissà, magari, per precisa strategia, il servizio è lento, ma lento e confusionario, approssimativo e non formato. Un piccolo esempio? Il famoso estratto malmostoso, venuto via al tonico prezzo di 10 euro, avrebbe dovuto essere di frutta. Viene poi fuori che dentro c’era anche una carota. E vi devo confessare di aver letto molta sorpresa nel cameriere quando gli ho fatto notare che la carota fosse un ortaggio. Vien da pensare lo abbia appreso in quel momento.
Sempre restando in tema servizio, forse lasciare per lunghi minuti i tavoli vuoti ingombri di oggetti è un sottile omaggio a La Venere degli Stracci di Pistoletto, appena sbarcata nella non distante piazza Municipio. Ma a chi non fosse un fine amante delle azioni d’arte contemporanea, questo potrebbe comunicare solo sciattezza.
I bagni
Bella l’iniziativa di dedicare due inservienti all’igiene dei bagni, ma forse sarebbe più opportuno chiudere gli stessi mentre si effettuano le frequenti manutenzioni. Anche solo per ragioni culturali, a donne di altre religioni potrebbe non far piacere trovare uomini in quel contesto, anche se fascinosi e con la pezzetta in mano (rigorosamente senza guanti, ma non cavilleremo sul punto). Se poi non fosse troppo poco elegante, potremmo aggiungere che sia piuttosto strano vedere pavimenti lindi e lucidi di pulito e le assi dei gabinetti chiazzatini di colori poco equivocabili già alle 7 e 30.
La pasticceria
Siamo critici gastronomici o caporali? Sarà necessario spendere due righe sul reparto pasticceria? Facciamoci del male. Non voglio nemmeno stare ad analizzare singole situazioni tutte sospese tra il deludente e il non esaltante, voglio solo dire che Gambrinus, un po’ come avrebbe potuto fare secoli fa Pintauro avendo realizzato la prima sfogliatella moderna, si fruscia (si fregia) di aver inventato il Vesuvio. Poiché i dolori non vengono mai dai soli, non paghi nel 2022 ne hanno proposto anche una versione estiva, provvidenzialmente, o forse pirandellescamente, chiamata Follia. Cos’è il Vesuvio? Vorrei lasciarvi con la curiosità, ma non resisto.
Il Vesuvio è una felice chimera, o, forse, un’infelice crasi, tra babà, sfogliatella riccia e pastiera, i più arditi menzionano anche sentori di zeppola. Ogni commento sarebbe superfluo. Per buon cuore, taceremo. Lo so, voi a questo punto sarete anche incuriositi dall’estiva Follia. Il sentore agrumato fa subito Divina Costiera, Costiera Sorrentina, Capri e perfino putipù sul mare, ma descrivere i più arditi dettagli di Follia, sarebbe un affronto troppo grande per chiunque abbia letto questa nostra lunga canzone di disappunto per lo stato del Gambrinus.
Adesso ci sarebbe bisogno di una parte costruens, di un consiglio, di un augurio. Ma siamo troppo affranti e, seppur ben ci siamo guardati dall’ordinarlo (perché è una once in a life experience), la digestione del Vesuvio ci ha sfiancati. Quindi ai posteri l’ardua sentenza: riuscirà il Gambrinus a salvarsi da se stesso? In fin dei conti è possibile che macini tanti soldi, già così. La famiglia Sergio potrà asciugare i suoi dolori (posto che ne abbia) con i tanti bei paperdollari fatturati.