Tra le gelaterie premiate quest’anno con il riconoscimento dei 3 coni da parte del Gambero Rosso, compare, in Veneto, Chocolat. L’insegna fondata dai fratelli Claudio e Marco Zanette, titolari di 3 punti vendita a Mestre che, oltre al gelato, hanno allargato la produzione comprendendo anche pasticceria dolce e salata e caffetteria, è da diversi anni presente nella Guida Gelaterie d’Italia con il massimo riconoscimento. Siamo stati a provarla.
Un buon gelato artigianale, questo è il dilemma
Quello del gelato artigianale è un mondo complesso: se ormai riconoscere un buon lievitato, panettone in primis, non è più prerogativa di specialisti del settore ma è diventato un tema comune, non si può dire altrettanto del gelato, che – sfortuna sua – parte svantaggiato. Ha un costo accessibile a tutti, è un piacere che si può soddisfare immediatamente, gratifica senza impensierire, è scevro da tutta una serie di riflessioni filosofiche che invece riserviamo al lievito madre.
Insomma, il gelato è pop e popolare e sembra suggerirci di starcene sereni e gustarci la nostra coppetta seduti su una panchina guardando l’orizzonte. Una decina di anni fa, proprio su queste pagine, pubblicavamo una sorta di guida per riconoscere il gelato artigianale: se oggi non ha perso valore, nel frattempo tecniche e strumenti di lavorazione hanno subito un’evoluzione significativa, per cui probabilmente la nostra guida oggi diventerebbe un decalogo. Riconoscere oggi, insomma, un gelato artigianale non è così semplice. E, così come dal fare un panettone artigianale – mettendoci impegno e studio – al fare un BUON panettone artigianale il salto è notevole, trovando nel mezzo un fossato fatto di classifiche e punteggi che dimostrano come artigianale non sia sinonimo di buono, lo stesso accade per il gelato.
Chocolat a Mestre: la nostra recensione
Un ampio bancone, metà del quale è dedicato appunto al gelato, accoglie i clienti di Chocolat nel punto vendita, dei tre, di maggiore afflusso e collocato vicino alla piazza di Mestre. I gusti sono esposti nella parete alle spalle del bancone e spaziano dai classici (cioccolato, vaniglia, stracciatella, nocciola, caffè, fiordilatte, limone e fragola) a quelli “estrosi”, in genere destagionalizzati, che rimangono “in carta” a lungo, potremmo definirli gusti “signature”, come il liquiriss bliss con cioccolato bianco, liquirizia e passion fruit, o il mascarpone con fichi caramellati. che cambiano ogni due mesi circa. I gusti si possono personalizzare con l’aggiunta di panna, smarties, ecc.
Il gelato si trova nelle carapine e viene servito spatolato, in cono o coppetta. Il prezzo è di 23 euro al kg e in media si spende 1,5 euro a pallina, un costo abbastanza più basso della media dei gelati artigianali che si situano introno ai 2 euro, anche 2,20 a pallina. La prima cosa che si nota, prima ancora dell’assaggio, è la staticità della proposta dei gusti: difficile, per chi viene qui spesso, trovare qualcosa di nuovo; nemmeno la stagionalità sembra influenzare troppo la scelta dei gelatieri.
Abbiamo assaggiato quattro gusti: oltre ai due sorbetti – i classici fragola e limone – il cioccolato fondente al 72% e la ricotta di pecora, wafer e pistacchio. Quello che accomuna i sorbetti è una buona cremosità (segno di una maestria nell’uso degli ingredienti, soprattutto degli stabilizzanti), ma una scarsa persistenza. I sapori sono poco caratterizzati, o meglio rimandano poco al frutto e più a una sua versione piana, irreggimentata, media. Nel caso della fragola, a emergere è una dolcezza eccessiva che fa assomigliare il gusto a quello della marmellata alla fragola, mentre nel caso del limone, la dolcezza, pure presente, è superata da un effetto lievemente astringente e anestetizzante al palato, rimandando all’effetto del sorbetto “da pizzeria”. Sapori un po’ fané, per farvela breve.
Non va molto meglio con il cioccolato – lievemente farinoso e dall’effetto “budino” – né con il gusto alla ricotta, nel quale non si percepisce nessuno degli ingredienti nominati, né tantomeno la presenza dei wafer. Possiamo ipotizzare che una ricotta di pecora abbia un sapore nettamente più marcato rispetto alla sua omologa vaccina, che magari non a tutti i clienti è gradito. Se quindi il timore è quello di spingere troppo, meglio allora scegliere una ricotta tradizionale, ma della quale si possa percepire il sapore piuttosto che spegnere le note tipiche: è un peccato che un gusto potenzialmente interessante finisca per apparire come un semplice fiordilatte.
Complessivamente, ci si trova di fronte a un gelato discreto se non mediocre, sul quale si sollevano perplessità circa la valutazione assegnata dal Gambero Rosso (il massimo riconoscimento, per chi non lo sapesse, e i 3 coni sono stati elargiti a 72 gelaterie italiane per il 2025). Citando quanto affermato nella Guida, infatti, “i criteri di valutazione includono la qualità degli ingredienti, la maestria artigianale, l’innovazione, la sostenibilità e l’eccellenza del servizio”. Sembra che, in questo caso, maestria e innovazione non abbiano ancora raggiunto livelli di buona maturità. Ciò tuttavia non significa che non si possano raggiungere in futuro. Lo studio continuo e l’affinamento della tecnica sono ciò che caratterizza il lavoro di un buon artigiano.